Tra Cervia e Milano Marittima ci sono strade intitolate a qualsiasi cosa, ma nessuna ha il nome dei dodici fondatori milanesi.
Gli uomini sono strade, ha detto un poeta romagnolo. Guardando la nostra toponomastica, vediamo come a Cervia, Pinarella, Borgo Malva, Zona Amati e Milano Marittima le strade siano a gruppi, ci sono gruppi di strade intestate a musicisti, artisti, scienziati, navigatori, scrittori; gruppi di strade con nomi di regioni, città, pianeti, fiori ecc.
Per ottant’anni, non so se ve ne siete mai accorti, mai nessun gruppo di strade è stato intestato alla dozzina di fondatori milanesi di Milano Marittima. Solo alle soglie del Centenario s’è rimediato con un intitolazione collettiva all’Anello del Pino.
Possibile che nessuno, a partire dalla commissione toponomastica, ci abbia mai pensato prima? Le occasioni non erano mancate, come nel Dopoguerra quando si procedette a ribattezzare tutte le strade di Milano Marittima eliminando la toponomastica di stampo fascista, o agli anni del boom di Milano Marittima (60-80) quando sorsero tante nuove arterie.
La parte in bianco e nero ritrae il Viale Arnaldo Mussoli nei primi del ‘900. La parte a colori lo ritrae ai giorni nostri col nome Viale Matteotti
Già ho parlato del rapporto conflittuale fra i locali ed i fondatori milanesi, sfociato nell’iniziativa (fallita anche per le lamentele della moglie d’un fondatore) di Spallicci di cambiare nome a Milano Marittima (leggi Milano Marittima poteva durare solo 50 anni). La ratio era che Milano Marittima doveva più agli intraprendenti romagnoli che ai vacanzieri lombardi. Pensare che proprio Spallicci aveva inaugurato un viale al fondatore Palanti col nome “Viale dei Pini Giuseppe Palanti”, poi inspiegabilmente s’è continuato a chiamarlo proprio col toponimo fascista “Viale Vittorio Veneto”.
Eppure, nel tempo, intitolazioni a personaggi legati alla nostra storia non sono mancate, dalla Deledda a Guareschi, per finire a sportivi come Simone Bianchetti la quale zia Lucia aveva un negozio davanti alla Colonia Varese.
Del resto, pochi sanno che il primo interesse di una società milanese per la costa romagnola non fu qui ma a Rimini nel 1906, circa 6 anni prima che Palanti firmasse il suo progetto di città giardino sull’Adriatico.
Oltre alle vecchie foto, ogni tanto tiro fuori i vecchi quaderni delle elementari (1980-85) frequentate ovviamente alle Mazzini, con direttore Calisto Orioli. Conservo gelosamente il quaderno di Tedesco, lingua allora fondamentale per chi viveva qui, e a me cara perché da generazioni la mia famiglia è formata da persone che parlano la lingua di Gothe. Un mio insegnante era il sig. Valentini, originario di Merano e padre d’un mio compagno di classe. Ricordo meno piacevoli le lezioni private pomeridiane d’Inglese impartitemi da una olandese sposatasi qui. In fin dei conti, 30 anni fa vivevo in un ambiente più cosmopolita e multiculturale di oggi. In età prescolare le mie amichette erano Carlotta Leonori gestrice dell’omonimo ristorante (allora il più “in” di Milano Marittima) e “presidente” della nostra squadra di calcetto del mitico Bar Centrale. L’altra mia amica era figlia d’un cesenate e d’una tedesca che gestivano il bar poi rilevato dalla coppia mista Ivan Candoli (il pittore detto “e Franzinin”) e Sofia Martì Y Marty, spagnola. In classe eravamo quindici, tre con madre straniera: inglese la madre di Valentina Fortibuoni; portoghese la madre di Leonardo Prati (cantante lirica, ogni tanto accompagnava col canto la Messa alla Stella Maris); svizzera la madre di Alessandro Fabbri. Riguardo le mie anzianissime vicine di casa, la contessa Ginanni-Fantuzzi era slovena, e la contessa Graziani viveva more uxorio con un polacco, come con un altro polacco viveva la contessa Malagola. Il Bar Jimmi alla Quindicesima Traversa, uno dei più vecchi di Milano Marittima, era stato aperto dalla signora Kovic e di fianco il russo Polianski aveva un’agenzia di viaggi. Il tedesco Weber (Lothar Jager) aprì uno dei primi studi fotografici. Quanto all’austriaco Rudy Neumann fu addirittura uno dei pionieri/capostipiti del turismo di Milano Marittima oltre a tanto altro. Nella generazione precedente la mia, se la memoria non mi fa scherzi, c’era una compagna di collegio di Sonia Gandhi, e un’altra ancora era stata compagnia della regina Sirikit di Thailandia. Alla fine, la Milano Marittima VIP era questa!
“Fermare una Porsche a Milano Marittima non é un evento eccezionale” (Carlino 28.4.2012). É una frase che, con alcune variazioni, si é letta tante volte e nello specifico riguardava l’arresto di una “signora di Milano Marittima” risultata evasore totale per una gran cifra. Il caso andò anche in cronaca nazionale (cfr. Il Fatto Quotidiano ecc) inutile dire che poi la persona in questione non solo non era di Milano Marittima, ma addirittura di un altro continente. In villa, presentataci come “hollywoodiana” (in realtà appartamenti a schiera di quelli nuovissimi) avrebbe nascosto una mini succursale del Louvre, tanti i pezzi di valore: a titolo di curiosità, come suo solito il Conte ricorda che anni fa ad un tiro di sasso da casa sua villeggiava una illustre famiglia francese (Daumet de Tessan) che davvero aveva legato il suo nome al museo parigino, e per motivi ben più edificanti! É in parte vero che ultimamente giorno e notte specie nel weekend, per la nostra città girino continuamente come in un circuito, macchine di grossa cilindrata. La notte pare che facciano le gare sfruttando i nostri lunghi viali dritti e deserti. Di giorno il motivo é diverso. “Tu non sai quanti vengono da me ad affittare l’auto e poi vengono da te a farsi vedere” mi confessò tempo fa un concessionario della provincia di Forlì. Ho ancora nelle orecchie ciò che diceva il solito cafone coi soldi in trasferta domenicale vantandosi della sua decappottabile per far colpo su una ragazza, e ne parlava come della “macchina squèrta” (scoperta, in dialetto). Ricordo anche la Maserati arancione che sfrecciava spesso d’estate per le nostre strade, ma sempre con autisti diversi. Pensai subito fosse un’auto da parata (la targa era sempre quella, oltre l’insolito colore). Naturalmente trovai il solito bastian contrario con la mente farcita dei luoghi comuni come la frase d’inizio articolo. Poi trovammo la foto del bolide come auto a disposizione dei clienti nella pubblicità di un noto bagno nei quotidiani nazionali. Nel regno delle puerili vanità paesane é così: si rischia la multa o già prima la si mette in conto pur di parcheggiare nel punto più in vista e di passeggio, per farsi vedere che si arriva a Milano Marittima con la fuoriserie e si scende proprio davanti ai locali modaioli. Gente coi soldi che non vale niente e cerca gratificazioni ed affermazione sociale con queste trovate. Sono solo tre le persone, anzi i personaggi su cui non ho dubbi riguardo il possesso del Ferrari che guidano: Luca Goldoni (scrittore), Pierluigi Righi e l’avv. Giardini. Anni fa nei nostri grandi alberghi di lusso veniva clientela con fuoriserie propria: adesso sono gli hotel ad affittargli il macchinone. Negli anni 50/70 certe auto e certe cilindrate erano per pochi. Basti dire, per esempio, che quando uscì il Mercedes 220/SE, questo costava più del Ferrari. Comunque, le grosse auto che circolavano per Milano Marittima si era certi appartenessero a chi le guidava o a chi se le faceva guidare dall’autista. Ricordo che spesso il Sig. Ermanno Maiani la Rolls se la guidava lui stesso, anche solo per andare a fare due chiacchiere alla Rotonda dall’amico Rasini del negozio di elettrodomestici. Invece i Guccerelli Winchler mandavano auto ed autista a prelevare l’insegnante di ripetizione dei figli, che abitava solo due traverse più in la. Oggi, tra le tante, mi tocca sentire qualcuno che, avendo fatto i soldi (da poco) fantastica con chi non lo conosceva prima di aver posseduto questa o quell’auto, benché chi scrive (e non solo) lo ricorda invece con la Simca o la Bianchina. Comunque proprio il Conte vi fa un campionario promemoria di chi aveva cosa:
Manlio Travaglini-Diotallevi aveva addirittura la concessionaria della Fiat a Ravenna (dal 1953) e partecipava anche a gare come il Premio San Marino. Una residente storica di Milano Marittima, la mia amica contessa Isabella Ginanni-Fantuzzi, ha sposato un pilota professionista, il conte Cristiano Del Balzo di Presenzano (Gero) che per 20 anni é stato fra l’altro a capo della scuola federale di pilotaggio di Vallelunga. Insieme hanno partecipato a rassegne come la mitica Targa Florio. La loro figlia, invece che dei cavalli-motore, si occupa di cavalli veri e scrive su importanti testate specialistiche. Del Balzo non era l’unico gentleman driver poiché Ferruccio Lamborghini (che aveva villa a Lido di Savio) s’era affiancato due piloti anch’essi nobili, cioè il conte Lurani ed il marchese Gerino Gerini amico di mia madre. La quale ricorda come “un incubo” un viaggetto proprio Milano Marittima-Bologna sull’auto guidata da Lamborghini (al quale regalò una Caveja come segno di ospitalità). Fu sempre lei a spalleggiare Gerini allorché questi faceva opera di convincimento sull’industriale emiliano perché comprasse una tenuta in Umbria come buon investimento (e difatti la comprò e li morì nel 1993). Accenno a tutto ciò perché mentre scrivo (Maggio 2013) siamo nel pieno delle celebrazioni del cinquantesimo della fondazione della ditta automobilistica Lamborghini (1963-2013). Per l’evento il di lui figlio ha scritto la biografia del padre, ricordando come iniziasse “facendo trasformazioni delle Topolino” il che mi ricorda come mi divertivo quando mia madre mi accompagnava all’asilo dalle Orsoline o alle Mazzini proprio con la sua Topolino nera 500/C decappottabile del 1995, ribattezzata non senza invidia dai miei compagni “la macchina di Nonna Papera”! In precedenza era proprietà di Aldino alias Gianfranco Vicari dell’auto officina (oggi scomparsa) di Via Romea 640 a Savio e meccanico personale del parco macchine della famiglia Ferruzzi.
Cervia fronte del porto e Milano Marittima fronte del porno? A leggere il giornale parrebbe di si. “Milano Marittima sarà come sempre la location privilegiata dalle dopolavoriste del sesso, quelle che ufficialmente lavorano come cubiste e commesse ma di notte arrotondano con sostanziose marchette” con la conclusione “Dalle lucciole alle celebrità locali, il bengodi é a Milano Marittima” essendo “Le top escort concentrate perlopiù a Milano Marittima” (cfr. La Voce del 24.3.13). Ma che bella pubblicità verrebbe da dire, un articolo esatta fotocopia d’uno già apparso esattamente l’anno scorso (cfr. La Voce 24.3.12). Del resto già nelle estati 2010/2011 una radio trasmetteva una canzoncina abominevole che diceva “Ti fai toccare a Milano Marittima, ti lasci andare a Milano Marittima, tutto é permesso a Milano Marittima, la vita é sesso a Milano Marittima” e come si vede, il testo é lontano da quello della “Canzone di Milano Marittima” scritta dal grande Alteo Dolcini, quando la nostra città era conosciuta anche come “La marèna di fré” (la spiaggia dei frati, cioé dei francescani della Stella Maris). Il Conte si sa non conta e non entra nel merito, però come sempre rimpiange la sua Milano Marittima dove le case erano “chiuse” perché senza invito era difficile accedervi e vi si trovava un’umanità cosmopolita, fior fiore dell’intellettualità, grandi musicisti, grandi attori, veri capitani d’industria. Proprio perché era un mondo molto chiuso e sconosciuto ai più, il Conte ve ne apre uno spiraglio con una breve carrellata di personalità a vario titolo legate alla città verde. Abbiamo cambiato Papa, stiamo per cambiare Presidente, a breve ci sarà anche l’elezione per il nuovo potentissimo Gran Maestro della Massoneria. A lasciare il trono sarà l’avvocato Raffi, la cui famiglia ha sempre frequentato Milano Marittima dove possiede un villone che scorgo dalla mia finestra proprio mentre sto scrivendo. Sua zia, anche lei habituè del posto con la famiglia, presiede Ravenna Festival. Passando ad un’altro trono, quello del Vaticano, citiamo il Cardinale Gianfranco Ravasi di Milano, che qualcuno voleva ben posizionato a diventare Papa. Grandissimo intellettuale, il suo legame con Milano Marittima deriva dall’esser stato nominato erede dell’avvocato Redenti, di famiglia di fondatori. Ravasi ha poi “girato” alla Curia il mega attico ereditato in Rotonda Don Minzoni, che é ora di un grande industriale alimentare. Ravasi intratteneva rapporti con le famiglie dei fondatori e con esse celebrava messe commemorative. Sempre per il coté intellettuale, alle traverse c’erano i coniugi Franceschi, con villa a Bastia di Pievequinta e fra i primissimi a solcare il mare della Città Giardino con un motoscafo proprio come i Prestinenzi, i Ferniani e l’industriale Lombardi dei dadi da cucina. La signora Franceschi nasceva marchesa Carla Origo, ed apparteneva ad una famiglia d’intellettuali ed artisti. Notissima fu la marchesa Iris Cutting Origo, suo patrigno fu il famoso paesaggista Geoffrey Scott, che sull’odierna situazione del verde di Milano Marittima avrebbe molto da ridire. Iris era amica e teneva salotto con Bernard Berenson, D.H. Lawrence, Rilke, Axel Munthe, Edith Warthon, Herbert Trench, Huxley. Oltre la villa di Bastia, la villa di Milano Marittima e la tenuta in Toscana, gli Origo possedevano proprio in quegli anni il palazzo dei principi Orsini a Roma costruito nell’antico Teatro Romano di Marcello: non proprio i “villini” dei vip di adesso. I nonni di Iris, avevano a Long Island uno straordinario giardino-parco naturale, che nel 1954 la famiglia donò allo stato di New York perché fosse aperto ai cittadini, con la dotazione di un assegno di 1 milione di dollari (di allora!) per il mantenimento: questa si che è valorizzazione del verde. Se ultimamente Alba Parietti viene a far finta di giocare a tennis per i paparazzi, il suo ex fidanzato Stefano Bonaga noto filosofo bolognese, già molto tempo prima veniva a Milano Marittima ospite presso la villa di amici all’Undicesima Traversa e nella stessa zona all’Hotel Boston-Embassy veniva Vittorio Sgarbi (la nipote di Palanti mi ha paragonato a lui e non é la prima a farlo). E’ venuta per una vita in vacanza nella nostra città presso il Residence Touring la maestra di Vasco Rossi, la simpaticissima Laura Guerra, sempre accompagnata dalla figlia Elda, presidentessa delle Storiche Italiane. Ricordo che con Laura scommettemmo, sull’elezione di Guazzaloca a Sindaco di Bologna, una cena al Caminetto tanto era certa che la rossa Bologna mai avrebbe scelto un sindaco di destra. Invece la scommessa la vinsi io con la padrona del Touring ma il destino poi non permise a Laura di pagare pegno. All’Anello del Pino c’era la villa dei parenti del grande attore hollywoodiano Monty Banks, alias Mario Bianchi di Cesena. Nel 1940 Monty e sua moglie costruirono a Capri il locale “La Canzone del Mare” dove l’immaginifico couturier Emilio Pucci ideò e lanciò quella moda-mare caprese portata poi per la prima volta (inizio anni 70) sulla costa romagnola proprio dalla Boutique La Tartana di Milano Marittima. Attrice famosa che ha passato molti giorni a Milano Marittima fu Perla Peragallo, la cui madre aveva una villa alle traverse, progettata dal nonno. Era famosissimo anche suo padre Mario Peragallo, compositore dodecafonico, che aveva per librettista Alberto Moravia. Nello stesso entourage c’era Teresa Ricci-Bartolini, che fu sceneggiatrice, autrice ed aiuto regista di Comencini per il film “Totò imperatore di Capri”. Poi la famiglia della contessa Wally Toscanini Castelbarco, la figlia di Arturo. Poi quella della cesenate Sig.ra Tina Bonci nipote del tenore Alessandro. Nomi “minori” rispetto a questi, Geden Cappellari e Franco Tolomei era invece jazzista e fondò la Reno Jazz Band, nel suo salotto bolognese trovavi da Lucio Dalla a Pupi Avati. Sua moglie Annamaria Vianello mi ha sempre voluto molto bene: essendo veneziana doc ed io figlio di una veronese, mi chiamava sempre “fratello veneto”. I miei genitori ricordano invece i soggiorni dei genitori di Guido e Maurizio De Angelis meglio conosciuti come Oliver Onions, autori di moltissime colonne sonore del cinema, famose quelle dei film di Bud Spencer e Terence Hill come Continuavano a chiamarlo Trinità, Dune Buggy e Altrimenti ci arrabbiamo. Per il mondo dello spettacolo ricordiamo anche che Mike Bongiorno affittava alle Traverse case come il Villino Giulianini alla Quinta, o quello Vallicelli all’Undicesima. Fra i frequentatori di Milano Marittima sempre dall’infanzia, la contessina Chiara Fronticelli-Baldelli, che è stata con me anche responsabile di zona del Movimento per l’Autonomia della Romagna fondato dall’On. Servadei (amico di Spallicci). Cugina dei Serena-Monghini, storica famiglia ravennate anch’essa da sempre presente a Milano Marittima è anche una nipote della cantante lirica e di operette Lidelba (1893-1961) nome d’arte di Ines Fronticelli-Baldelli detta “la contessa soubrette”.
Negli anni 70 il cuore modaiolo e griffato di Milano pulsava normalità, come quello della succursale adriatica. Su Via Montenapoleone s’affacciavano negozi di dischi, un edicola, un antiquario, una salumeria con le scope esposte sulla strada, un fruttivendolo che vendeva primizie (e anche fiori, mio padre ci comprava le violette per mia madre), un negozio di coltelleria e un’agenzia viaggi. Al n°5 c’era già Gucci e poco distante la Harden ed i Vergottini portati in auge da Caterina Caselli, ma convivevano senza tante distinzioni da “salotto buono” ed erano variamente distribuiti ai due lati della strada. Idem in Via San Pietro all’Orto col parrucchiere, la profumeria, la merceria, il tabaccaio, il ceramista, il salumiere, il negozio d’arte sarda, il ristorante degli artisti ed anche un albergo frequentato dalle… escort… che comunque non turbava il vicino negozio di abbigliamento classicissimo che forniva Casa Savoia, o l’esposizione dei mobili Flexa. Nella “Milano al mare” degli stessi anni 70, la situazione commerciale era pari a quella meneghina, si trovavano rappresentate anche qui tutte le tipologie commerciali. Con la possibilità addirittura di scegliere, giacché ciascuna era presente con più negozi: se non andavi alla Coop alla Rotonda potevi andare da Bertasi; se non ti piaceva la carne di Roli c’era quella di Battistini; se non trovavi qualcosa da Rasini potevi andare da Tutto per la Casa; se non ti piacevano i vestitini di Mondo Piccino andavi dalla sorella di Oddone Penso; se ti stava antipatico il giornalaio del Canalino c’era Neddo. Neddo! Un nome che a Milano Marittima si pronuncia da 50 anni, che non è né un diminutivo né un soprannome, ma il nome mutuato da quello di un amico di famiglia sardo. Neddo me lo ricordo da quando sono nato, ancora quand’era nel negozietto vicino all’ingresso del cinema Arena Mare, con vicino il barbiere e la profumeria, coi giornalini esposti su assi di legno e la stufetta, un must nei negozi di Milano Marittima privi di riscaldamento. Col Bar Centrale, Bertasi, Roli ed il lattaio dov’è ora lo Zouk, Neddo era una delle tappe obbligate della passeggiata mattutina con mia madre. Negli anni 80 si trasferì in Viale Ravenna fra il bar Verdi ed il cinema Arena Pineta per poi finire, insieme ai suoi cagnetti, con l’edicola in Viale Ravenna proprio davanti al bar Cristallino. In un recente articolo, l’amico Luca Goldoni ha ricordato di Neddo le “sedie volanti” ed il costante impegno. Parole Semplici, dietro cui c’è tanta storia di Milano Marittima molto poco conosciuta da chi non visse quegli anni e quelle atmosfere. Per promuovere i libri Neddo ha avuto diverse location, alcune se le è scelte, altre ha dovuto cercarsele. Come quando fu fatto sloggiare con gli incontri con gli autori dagli inquilini d’un condominio infastiditi da quelle presenze certo non paragonabili a quelle del circo notturno della Milano Marittima odierna! Eppure, nell’Estate 2013 di la del marciapiede s’è fatta tanta musica, disturbando gli incontri, tanto che per l’Estate 2014 Neddo forse si sposterà. Ormai s’è capito, a Milano Marittima sono élites e qualità a doversi spostare e lasciare il passo. Varie librerie della catena Librincontro hanno addirittura chiuso, come a Faenza e Cesenatico. “Cesenatico ha una clientela medio-bassa di famiglie che comprano per i figli e stanno attente al prezzo, Faenza invece ha un pubblico CHIC TIPO QUELLO DI MILANO MARITTIMA che compra le nuove uscite e volumi di moda” (Voce del 14.11.2013). Evidentemente per qualcuno più che avere clienti acculturati è meglio averli CHIC. Comunque per Milano Marittima sono clienti-turisti, essendo la nostra città aperta solo in stagione, mentre la clientela “bassa” assicurava a Cesenatico un’apertura tutto l’anno! Quando chiude una libreria mi preoccupo, come quando cucina mia madre; e mi preoccupo di più se queste boiate dello chic, vip, glam e fashion vengono applicate ai libri: i libri sono amici, e gli amici sono amici, punto. Quanto alla presunta clientela chic di Milano Marittima, non la vedo; invece mi dispiacerebbe non vedere più Neddo.