L’Hotel Internazionale si trovava in Viale 2 Giugno al posto dell’attuale Palace Hotel. Da alcune cartoline d’epoca è possibile vedere come negli anni ’50 fosse già in attività. Inizialmente l’Hotel Internazionale era gestito dal Sig. Casalini, a lui si deve il merito dell’arredamento lussuoso e raffinato che ha sempre contraddistinto la struttura. Tra gli anni ’60 e ’70 fu gestito dal Sig. Sergio Pioggia che era già proprietario di alcuni dancing a Coriano. Attorno al ’73/’74 fu acquistato dalla società del Cav. Bianchi (presidente del Forlì calcio) per essere poi rivenduto al finire del decennio ad un’imprenditrice di nome Valentina che era di Predappio. Negli anni ’70 la collaborazione con l’agenzia di viaggi inglese “Cosmos” assicurava all’hotel una clientela costituita per la maggior parte da stranieri. Grazie all’impresario bolognese Willy David, per una estate vi alloggiarono artisti del calibro di Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Edoardo Bennato, Eugenio Finardi, Angelo Branduardi e Gino Paoli. Nel 1982 finì i suoi anni di gloria e venne abbandonato diventando rifugio per drogati e, prima dell’abbattimento, uno skate park.
Del Cimitero Militare Tedesco vi avevamo già ampiamente parlato in questo articolo, ma è solo recentemente che siamo venuti a conoscenza di un fatto che andiamo ora a raccontarvi. Come sappiamo, le salme dei 6000 caduti tedeschi nella nostra zona e nei campi di prigionia dell’Enklave Rimini furono trasferite al Passo della Futa perché quel cimitero poco centrava con il rapido sviluppo turistico di Lido di Savio negli anni cinquanta. Ci raccontano, testimoni dell’epoca, che il cimitero fu completamente smantellato e le lapidi, così come tanti altri oggetti, furono imballati e spediti alla Futa.
La statua nella sua posizione originale all’interno del cimitero militare tedesco di Milano Marittima
Traduzione della scritta alla base della statua: I prigionieri di guerra hanno creato questo luogo di riposo per i loro compagni caduti
Tra questo materiale c’era anche la statua di un uomo seduto con una lapide tra le mani e c’è chi addirittura si ricorda di averla vista imballata pronta per essere spedita, ma di fatto, quella statua al cimitero del Passo della Futa non è mai arrivata. Si dice che possa essere finita in un cortile di una qualche villa di Milano Marittima e addirittura su di essa il Volksbund ha messo una ricompensa.
Crediamo che ormai a distanza di oltre settant’anni sia impossibile recuperarla ma chissà che qualcuno di voi non se la ritrovi in un vecchio capanno o sotto un cespuglio di edera e non decida di restituire questo pezzo di storia tedesco/cervese ai caduti ai quali era dedicata.
Dalla metà degli anni ’70 fino alla fine del ‘91 era facile incontrare Walter Chiari a Milano Marittima.
Milano Marittima era uno dei suoi “rifugi” preferiti, un logo dove si sentiva soltanto Walter, dove non c’erano giornalisti e paparazzi a importunarlo ma amici che, con discrezione, ammiravano l’artista e con l’ospitalità romagnola lo facevano sentire a casa.
Walter Chiari
Leggeva e scriveva moltissimo. Durante l’estate amava scrivere stando sotto ad uno degli ombrelloni della Piscina Guidazzi, sempre lo stesso. Era il suo preferito perché era sulla testata verso il mare, dietro ad una aiuola con un grande ulivo di Boemia e un bel cespuglio di pitosforo.
UNA GIORNATA DA RICORDARE IN COMPAGNIA DI WALTER CHIARI
Quel giorno arrivò a metà pomeriggio, ci salutò e si sistemò sotto al suo ombrellone, tirò fuori un block notes e iniziò a scrivere. Io e Stefano, il mio braccio destro, tenevamo i corsi di nuoto e alle 18,30 iniziava quello dei più bravi, la nostra “squadra”. Di solito si allenavano un’oretta con grinta e buona lena ma quel giorno, dopo che avevo dovuto ripetere due o tre volte un esercizio mi accorsi che erano distratti dalla presenza di un vip della caratura di Walter Chiari.
Per recuperare l’attenzione del gruppo chiesi a Walter se, alla fine dell’allenamento, avrebbe divertito i ragazzi con una delle sue memorabili barzellette. Subito, con la sua proverbiale disponibilità, si alzò avvicinandosi al bordo vasca e promise ai nostri allievi che, se avessero fatto i bravi, li avrebbe divertiti con una storiella. I ragazzi lavorarono bene e, come promesso, alle 19,30 li volle tutti seduti intorno a sé e iniziò a parlare.
Se dopo più di un’ora di spettacolo non fossero arrivate le prime telefonate dei genitori preoccupati nel non veder tornare i propri figli, chissà per quanto ancora ci avrebbe fatto morir dal ridere! Per lui essere di fronte a duemila persone in un teatro, a qualche milione di telespettatori il sabato sera in prima serata o seduto per terra insieme a una dozzina di bambini non faceva nessuna differenza: era sempre il semplice, geniale, disponibile Walter Chiari.
Nel 2009 il ricercatore Renato Cortesi venne a conoscenza di alcuni disegni di soggetto militare dipinti direttamente sui muri di una vecchia abitazione rurale tra Pinarella e Tagliata e risalenti al periodo della Seconda Guerra Mondiale. Esaminati i disegni è indubbia la qualità artistica sinonimo che erano stati fatti da una mano esperta. Cortesi eseguì una ricerca per identificarne l’autore contattando l’Imperial War Museum di Londra e, in particolare, il Dott. Mark Bryant, massimo esperto della vignettistica britannica a carattere militare. Risultò che l’autore era William John Philpin Jones, il quale durante la guerra prestava servizio nella VIII Armata Britannica (quella che passò nel nostro territorio) come disegnatore umoristico per giornali destinati alle truppe inglesi. Jones, già famoso durante il periodo bellico, lo divenne ancora di più nel periodo successivo quando collaborò con i maggiori quotidiani inglesi.
I due soggetti nei dipinti erano conosciuti come i “Two Types”, baffuti ufficiali dell’Esercito Britannico che hanno rappresentato una immagine così consona all’ironia di questo popolo da diventare un prototipo per decine di imitatori, non solo nel campo vignettistico ma anche nel cinema, nei fumetti, nella televisione. Le vignette dei Two Types ebbero una grande diffusione in Gran Bretagna e non solo nell’ambito militare. Nel 1991 fu pubblicato un libro della Bellew Publishing Company Limited di Londa, curato dal Dott. Mark Bryant e con la prefazione di Hugh Cudlipp, intitolato “Jon’s complete Two Types” con le più importanti vignette realizzate da Jones e che avevano per protagonisti i due ufficiali.
Nel 2019 i dipinti sono stati asportati dall’Accademia delle Belle Arti e la villa è stata abbattuta. Le opere sono rimaste sotto la tutela del proprietario della villa e in occasione di alcuni eventi vengono esposte al pubblico.
La fondazione di Milano Marittima ha radici molto vecchie ed il primo atto è datato 18 Giugno 1907, quando la famiglia Maffei ed il Comune di Cervia stipulano una convenzione riguardante dei terreni edificabili. In seguito la società sarà rilevata dal milanese Giuseppe Palanti, che avendo abitato nei primi villini dei Maffei conosceva bene questa famiglia ed il posto.
La prima foto aerea di Milano Marittima nella quale è possibile notare come un tempo fosse tutta pineta
Il secondo atto fondativo di Milano Marittima è datato 1 Giugno 1911 con la costituzione della Società Milano Marittima per lo sviluppo della Spiaggia di Cervia. Contemporanemente Palanti propone il primo progetto urbanistico di come voleva fosse realizzata la località. Il progetto, però, non fu realizzato che parzialmente e con non poche modifiche, basti vedere il Piano Regolatore del 1931 ancora abbastanza simile al progetto di Palanti.
Il Piano Regolatore originale disegnato da Giuseppe Palanti
Il terzo atto fondativo è datato 14 Agosto 1912 ed è la convenzione stipulata davanti al notaio ravennate Venturini fra la predetta società ed il Comune di Cervia. Ultimamente sono circolate voci che messe in giro ad arte, vorrebbero attribuire il merito di successivi atti fondativi a famiglie e persone che, all’epoca dei fatti di cui trattiamo, a Milano Marittima non solo non erano ancora presenti, ma che anche volendo mai e poi mai avrebbero potuto cedere o regalare terreni in loco, essendo questi terreni da secoli esclusiva proprietà del Comune di Cervia. In origine queste terre appartenevano al Papa, poi nel ‘500, un pontefice decise di ricompensare l’importante comunità cervese donandole proprio le terre dove poi sorse Milano Marittima. Essendo, quindi, terreno demaniale del XVI secolo, è molto difficile che famiglie di privati abbiano potuto cedere alcunché, quando anche i fondatori milanesi dovettero sottostare a contrattare con il Comune di Cervia! Va ricordato che con il rogito del notaio Auzzani del 3 Novembre 1924 il Comune di Cervia rientrava in possesso di un vastissimo pezzo della concessione fatta ai milanesi dodici anni prima (praticamente la metà) ossia tutta l’area delle attuali traverse, fra il Canalino e Lido di Savio. In fin dei conti erano favorevoli anche due fondatori illustri, Palanti e Redenti, nella speranza che questi terreni fossero utilizzati per costruirvi colonie per i bambini poveri. In un articolo apparso su “La Costa Verde Adriatica” dell’Aprile 1934 si leggeva “Resta ora ai dirigenti della cosa pubblica il compito di saper sfruttare con criterio il terreno recuperato dal Comune non lesinando, se del caso, agevolazioni giuste ed oneste verso eventuali ammiratori dell’incantevole spiaggia”.
Non si può chiudere questo articolo senza citare i nomi dei 12 pionieri che fondarono la nostra Milano Marittima: Felice Bianchi, Giovanni Facheris, Giuseppe Galli, Gavazzi Giuseppe, Alberto Redenti, Napoleone Tempini, Augusto Nova, Anselmo Orti, Gerolamo Pirinoli, Enrico Redaelli, Ettore Saglio e ultimo, ma non per importanza, il pittore Giuseppe Palanti.