L’abbattimento dell’ultimo pino sul Porto Canale di Cervia sta facendo molto discutere. Il Conte ha un chiaro e semplice pensiero e lo riporta nel suo ultimo articolo.
22 Gennaio 2021, mattina ore 9 esco dalla mia macchina davanti al tabacchi di Viale Ravenna ed ecco quel rumore, quello solito, quello che ormai da un quarto di secolo è il vero leiv motiv, l’unica vera compilation di Milano Marittima, il ronzio delle motoseghe in azione per ore, per giorni stavolta in viale Leopardi a due passi da dove sono nato ormai 47 anni fa.
Fra l’altro proprio viale Leopardi è rimasto praticamente l’unico viale davvero alberato come anche il Viale dei Pini Giuseppe Palanti cosiddetto viale Vittorio Veneto nonostante il cambio di nome nel dopoguerra.
Ieri quando mi hanno girato la foto del taglio dell’ultimo pino sul Canale Porto, ho gelato, soprattutto per i commenti entusiasti di tanti su un noto gruppo cittadino, commenti fra l’altro di gente che non capisce nulla di storia nostrana, e che pur essendo appena arrivati a vivere qua magari da certi paesaggi che paiono sopravvissuti ad esplosioni nucleari tanto sono desolati e desolanti, ci fanno lezione su come gestire quel patrimonio di verde che è anche la nostra storia, la nostra identità, il nostro DNA.

Foto: Fabio Zoli
I PINI NELLA STORIA DI CERVIA E MILANO MARITTIMA
Il lockdown e le limitazioni delle libertà hanno riacceso in tutti e dappertutto un impulso potente a tuffarsi nel verde, nei giardini, nei boschi, addirittura sono aumentate le richieste di case e appartamenti in città nelle zone più alberate. Perché il verde aiuta contro lo stress ma aiuta le cellule NK che ci difendono dai virus, batteri e tumori. E A CERVIA SI INNEGGIA ALLE MOTOSEGHE, BRAVI.
Poverino, il pino, pareva il romantico pino delle belle cartoline di Napoli che tutti conosciamo. Faceva compagnia al Faro. Come sembrano lontani, lontanissimi i tempi in cui ancora in data 20.4.1996 Il Giornale di Vicenza scriveva “Cervia punta sul verde, con Milano Marittima ha saputo salvaguardare il suo patrimonio naturalistico, se un albero muore il Comune ha vincolato i cittadini a ripiantarne 2”.

A sinistra il pino abbattuto. Foto: Davide Forti
1996 anno fatidico in cui proprio iniziava la corsa sfrenata al cemento. Poche le voci dissenzienti. La Voce del 28.9.2012 riportava una dura condanna di Daniele Lugli, Difensore Civico della regione che sfotteva “a Cervia l’albero è sempre malato”. Esattamente. Prima evidentemente non si ammalavano mai, i nostri pini, o meglio mai così a decine o centinaia. Strano. Addirittura San Giovanni Paolo Secondo ci aveva ammonito, di salvaguardare Cervia e Milano Marittima perché il turismo non deve essere solo speculazione. Sordi. Anche i fascisti avevano a cuore il Pineto, avevano fatto ripiantarne uno intero a Pinarella, già distrutto dai cervesi all’epoca napoleonica, e sul loro organo ufficiale, La Santa Milizia del 4.8.1934 di leggeva “A CERVIA SI HA LA FORTUNA DI UNA SPIAGGIA COPERTA DA UN IMMENSA BOSCAGLIA DI RESINOSI PINI CHE MODERA LA VIOLENZA DEI VENTI”.
I PINI NELLA LETTERATURA
Ma che importa, ormai il cuore di Milano Marittima non è più la pineta, è solo la rotonda dei negozi. Giusto? Forse voi non sapete che la Primo Maggio prima del ‘46 era la Rotonda Beltramelli, dal nome di un grande intellettuale di Forlì poeta che dalla pineta traeva ispirazione.
Addirittura il più noto Umberto Foschi scrisse una grande difesa della pineta, finita addirittura sui testi delle antologie degli studenti delle scuole medie, presentata ai ragazzi come “PROTESTA APPASSIONATA DI UNO STUDIOSO PER LO SCEMPIO NELLA SUA ROMAGNA DELLE BELLEZZE NATURALI CHE GLI STRANIERI CI INVIDIANO “.
Adesso mi raccomando, tutti zitti, non dite nulla, anzi, ci mancherebbe, dobbiamo sentire bene e godere del ronzio delle motoseghe.

Nessuno di questi alberi è sopravvissuto fino ad oggi.
Ps. Ma se i pini vi danno così fastidio perché siete venuti ad abitare qua e non a Savio, Castiglione, Cannuzzo per esempio? È un po’ come voler andare ad abitare a Venezia e poi iniziare a dire che c’è troppa acqua, troppi canali, bisogna fare delle strade e quindi tombare i canali, magari un bel Canal Grande trasformarlo in tangenziale a 4 corsie.
Il Conte Ottavio Ausiello-Mazzi
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In seguito al nostro post su Facebook, sulla vicenda dell’abbattimento si è interessato il giornale online Ravenna Today