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Amarcord il Papa a Cervia

E’ un Amarcord molto particolare quello che vi propongo, nel 1986 il Papa più straordinario che abbiamo avuto, ci ha onorato della sua visita in occasione dello “Sposalizio del mare”.

Amarcord il Papa a Cervia

Amarcord, le sue straordinarie parole piene di grande significato per tutti noi, che dal mare da tanti anni, riceviamo benessere e buona parte della nostra ricchezza.

Amarcord, che ad attendere il Santo Padre, oltre a tantissimi concittadini capeggiati dal Sindaco Vittorio Ciocca, c’erano anche i rappresentanti del Governo nella persona dell’allora Ministro Oscar Luigi Scalfaro (divenuto in seguito Presidente della Repubblica), dal Mons. Ersilio Tonini, Arcivescovo di Ravenna e Vescovo di Cervia e tanti esponenti politici, amministratori e religiosi del nostro territorio.

Amarcord il Papa a Cervia

Amarcord, che il Santo Padre benedì la prima pietra di una nuova “Casa dell’Accoglienza” ed espresse grande apprezzamento per le “Suore della Carità”, il “Movimento per la Vita”, e la “Parrocchia” per l’impegno che avrebbero profuso per l’iniziativa intrapresa, auspicando che Cervia continuasse ad essere fedele a questi valori e a questi ideali, in coerenza con le sue nobili tradizioni.

Amarcord, i passaggi più significativi del suo discorso che, ripensandoci, a distanza di anni, suscitano in mè ancora una grande emozione:

“Ho benedetto il mare come si benedice la casa, perché il mare per voi è lo spazio di casa allargato, il luogo della condivisione delle vicende cittadine. L’ho benedetto come si benedicono i campi che danno sostentamento. L’ho fatto per esprimere insieme con voi, sentimenti di gratitudine per il passato e per invocare protezione per il futuro. Per voi l’Adriatico è generoso, come e più dei campi; e voi lo tenete prezioso come gli agricoltori della terra. Il mare è la vostra terra: i marinai cervesi non solo vivono sul mare, ma vivono del mare, e quasi per il mare. Il rito di oggi da secoli voi lo chiamate “Sposalizio del mare”. E’ una similitudine molto bella, nata in clima cristiano, dal significato molto forte. Questo richiamo al carattere sacro della natura non vuol essere qualcosa di fittizio o di mitico. Il mare è veramente un dono: è l’erario della città. Un’eredità da trasmettere integra ai figli. Trovandomi in una città come Cervia, località turistica molto frequentata del litorale Adriatico, che ha conosciuto in questi ultimi decenni uno sviluppo sociale ed economico veramente rapido, non posso non rivolgere una breve parola anche al fenomeno del turismo, diventato ormai di massa, portando profondi mutamenti non solo nelle strutture e nelle istituzioni, ma anche nella mentalità degli uomini con conseguenti riflessi in campo culturale e morale. Per questo occorre che la realtà del turismo sia vista alla luce di Cristo. Occorre cioè riconoscere ciò che è positivo, in quanto destinato a ricreare le forze e a distendere lo spirito spesso affranto in una vita sempre più logorata dal ritmo stressante della civiltà odierna; ma occorre anche prendere coscienza del rischio che il turismo diventi fenomeno negativo, se ridotto a esperienza consumistica e in definitiva, alienante. In questo contesto si impone l’esigenza di una educazione che porti a concepire il turismo come elemento di formazione umana e spirituale della persona vivendolo di conseguenza come una pausa di serena distensione, attraverso la natura e come una possibilità di intrecciare nuovi rapporti di amicizia per una più piena realizzazione di sé, nello scambio interpersonale. In questa prospettiva è molto importante una convinta educazione al vero senso dell’accoglienza, del rispetto degli altri, delle loro idee e della loro cultura; al senso della gentilezza e della comprensione verso gli ospiti che in gran numero affollano le case e gli alberghi di questa vostra città”.

Amarcord il Papa a Cervia

Il Papa concluse il suo discorso dicendo: “Nel lasciare questa terra ospitale, per far ritorno in Vaticano, vi assicuro che porterò nei miei pensieri e nelle mie preghiere i vostri volti, le vostre preoccupazioni e le vostre speranze. Di vero cuore benedico voi e i vostri familiari, con un particolare pensiero per i bambini, i giovani, gli ammalati e gli anziani”.

Non so voi, cosa ne pensate di queste parole, di questi pensieri, di questi apprezzamenti, di queste verità che il Papa di tutto il mondo ci ha voluto regalare sulla battigia del nostro mare , ma io personalmente ho molto riflettuto su tutto questo e perciò, come ho fatto in alcuni miei precedenti Amarcord, ribadisco che i politici, gli imprenditori di ogni settore e i cervesi tutti, devono mettere da parte l’orgoglio, la presunzione, l’invidia, la superficialità, per lasciare posto al dialogo, alla correttezza, alla umiltà e risolvere in amicizia e con rispetto tutti quei problemi che dal mare provengono.

Giorgio Rocchi

TUTTE LE FOTO DELLA VISITA DEL PAPA A CERVIA

Amarcord il Giardino d’Estate

Amarcord il Giardino d'Estate

Giardino d’Estate

Se il Grand Hotel Cervia mi ha lasciato fantastici ricordi come albergo, gli “Amarcord” del “Giardino d’Estate” non sono da meno. Come per il Grand Hotel anche il “Giardino d’Estate” posso ricordarlo, non dalla sua nascita, ma solo a partire dal 1956 (allora dodicenne di primo “pelo”). Prima di quella data ho dovuto avvalermi della preziosa collaborazione di colui che, a detta di tutti, è il conoscitore per eccellenza di quel particolare locale: Finchi Riziero. E così Riziero inizia a parlarmi di date, collaboratori, lavori, ristrutturazioni, personaggi, e vedo che il suo viso comincia ad illuminarsi (segno evidente che anche per lui gli Amarcord… sono importanti). Riziero ricorda la nascita (il 1946) col nome di ENAL, ma precisa che solo dal 1950 il Giardino d’Eestate inizia la sua attività di “balera” voluta dalla “Cooperativa Progresso” che acquistò l’area e la villa da Rino Alessi. Al mio fianco, racconta Riziero, (nominato Responsabile Organizzativo e degli intrattenimenti dalla Cooperativa), si sono avvicendati molti cervesi fra i quali: Giovanni Masini (curatore e referente del locale); Todoli Colombo; Piero Maroncelli; Gilberto Belletti (detto “Veleno”); Ivan Corsini; Cecchi Sergio; Mario Siboni (la maschera che conosceva tutti e che tutti conoscevano). A curare la parte gestionale e Amministrativa fu incaricato, dall’inizio dell’attività fino alla metà degli anni ’70, Walter Gallina e in seguito Sergio Fusconi. L’attività in quegli anni, che si svolgeva solo nei mesi di luglio e agosto, era molto blanda, ma già a partire dal 1955/1960, dopo mirati miglioramenti rivolti all’accoglienza e agli arredi, il Giardino d’Estate fu il punto di riferimento dei turisti che affollavano la riviera e il tempio estivo dei “vitelloni” cervesi. (Cino Ricci, Uccio Ventimiglia e altri ancora).

Amarcord, che in quel periodo, dal 1960 al 1974, il Giardino d’Eestate si avvalse di discrete orchestre per intrattenere dal vivo i “bagnanti” italiani, stranieri e romagnoli. Ma i cervesi facevano sempre capolino e…

Amarcord, che gli habitué di allora erano: Manfrini Giorgio, Busignani Enzo, Cusumano Alberto e tanti altri loro coetanei, i quali, supportati dalle musiche di Vittorio Borghesi, i Mokambo, Williamcris, da cantanti e showman del calibro di Gino Paoli, Meccia, quartetto Cetra, Dorelli, Focaccia, Cocky Mazzetti, Gino Bramieri, Walter Chiari, Mike Bongiorno, Beppe Grillo, straziavano cuori a più non posso.

Amarcord, Montanari Giorgio e Mario Cobellini (giornalista RAI), che per molte estati affiancarono Riziero nelle presentazioni e negli intrattenimenti notturni, mentre in pista una nuova generazione di “rubacuori” si faceva largo. ù

Amarcord, Oscar Savelli, Eugenio Romagnoli, Bassi, Lino Brandolini (attuale Direttore della banda cittadina), Massimo Santarelli, il sottoscritto Giorgio Rocchi, Bruno Rossi (Cecconi), Nazario Minotti (Zagato), Lunedei e l’allora Rag. Medri Terenzio (ora Presidente degli Albergatori cervesi e Presidente Nazionale AIS).

Amarcord, che nel 1985 il Giardino d’Eestate venne ceduto ad un noto imprenditore Elio Mordenti il quale cambiò radicalmente la gestione e il “Dancing” Giardino d’Estate divenne “Discoteca” prendendo il nome di “Cotton Club”.

Amarcord, l’amarezza dei molti frequentatori che persero un punto di riferimento e di ritrovo estivo all’aperto, nato per dare una delle tante qualificate risposte turistiche della Città di Cervia.

Giorgio Rocchi

Amarcord la Casa delle Aie

Questo mio “Amarcord” ribadisce il fatto che la Casa delle Aie, “i cervesi”, la sentono come la “loro seconda casa” e non gradiscono certo che anno dopo anno si tenti di distorcere quelli che sono i motivi per i quali è stata creata. Fatta questa breve premessa, vorrei riportare alla memoria di coloro che non hanno avuto la possibilità di “viverla”, la Casa, alcuni personaggi che hanno fatto la storia delle Aie.

Amarcord la Casa delle Aie

Amarcord, il Maestro Aldo Ascione che in compagnia del Prof. Umperto Foschi fu il fondatore dell’Associazione Amici dell’Arte di Cervia e con grande intuizione scelsero come sede definitiva proprio la Casa delle Aie (ex base logistica dei “pignarul” che utilizzavano l’aia della casa colonica per accatastare le pigne che raccoglievano nella pineta circostante). Lo scopo era quello di consentire, a chi si ritrovava fra quelle mura, di respirare un’aria diversa, ”l’aria dell’arte”, che ognuno interpretava a modo suo. Era poco più di un’osteria quando venne chiamato a gestirla il cervese Ferdinando Nanni, e solo in seguito con l’avvento della gestione concessa a Brandolini (per tutti Topo), Abbondanza e Caroti, si cominciò a parlare di ristorazione vera e propria. Naturalmente lo scopo era quello di fornire una ristorazione particolare, fatta di piatti tipici e semplici ad un costo basso, proprio per consentire ai soci, e ai tanti frequentatori, di passare in “convivialità” il tempo necessario per poter dire all’uscita: “ho mangiato bene, genuino, ho bevuto bene, ho pagato il giusto e soprattutto “am sò spatachè”.

Amarcord la Casa delle Aie

Amarcord, che dopo il decennio in compagnia dei “magnifici tre” concittadini cervesi, la gestione passò nelle mani di un generoso ristoratore di Cervia, Nori, che con la sua famiglia ed alcuni collaboratori diede inizio all’era dei gruppi familiari nella gestione.

Amarcord, che dopo la famiglia Nori, fu il momento di un’altro gruppo alla guida della Casa delle Aie, Zanfini Terzo e famiglia, che rimase ben otto anni a deliziarci con le sue specialità cedendo poi il testimone alla società “Viola” che faceva capo alla famiglia Fantini. Bisogna ammettere che questo tipo di ristorazione, in tutti questi anni, ha fatto epoca e ha creato un modello al quale molti si sono ispirati e ancora oggi si ispirano.

Amarcord, quanti soci, personaggi, sono transitati in quelle sale e salette allestite con tavoloni in legno massiccio e sedie impagliate stile contadino. Diciamo che fino a qualche decennio fa il frequentatore più assiduo era il cervese, che amava ritrovarsi alle Aie perché sapeva che ad una certa ora spuntava fra i tavoli l’amico Berto (Cortesi), autore tra l’altro di simpatiche canzonette composte da strofe in dialetto romagnolo, (lo stesso Berto le componeva in diretta) e in compagnia di E Murin (Finchi Agostino) e Gigin (Comandini) attaccavano con uno stornello romagnolo che ti facevano accapponare la pelle da quanto erano bravi e veri. Ora ai cervesi si sono aggiunti tanti vacanzieri, attori, Vip, di ogni paese e di tante nazioni; questa grande affluenza ci fa molto piacere, perché ogni persona che arriva alle Aie, se ne ritorna a casa con la nostra “cultura”, la nostra “arte”, la nostra “amicizia”, i nostri “usi e costumi”, ma ha anche logorato quello spirito associativo che ha ispirato Aldo Ascione and company.

Amarcord la Casa delle Aie

Amarcord, “I Malardot”, un gruppo canterino, che si accompagnava con qualche strumento tipico della balera e ti tenevano compagnia fino a tarda notte in modo spontaneo. Non posso certo dimenticarmi di Stefanini, di Giuliano Lolli, Pietro, e molti altri che con i loro scanzonati motivi romagnoli ti “straziavano il cuore”.

Amarcord, che era motivo d’orgoglio potersi esibire alla Casa delle Aie e allora i personaggi sopra citati, non più giovincelli, lasciarono il posto ai nuovi canterini/musicanti e così fecero capolino Mercuriali, Benaglia, Servidori ed altri suoi coetanei, che continueranno a sorprenderci con la loro romagnola musicalità.

Amarcord la Casa delle Aie

Amarcord, che quella era la vera convivialità e che molti cervesi, soci e non, dicono che è venuta a mancare. Ma non bisogna certo desistere dal cercare di ricostruire l’atmosfera che si respirava in quegli anni. I Presidenti e i Preposti che si sono avvicendati alla conduzione dell’Associazione Amici dell’Arte Aldo Ascione; Carlo Saporetti; Umberto Foschi; Oriano Masacci; Gino Pilandri; Eros Gambarini, Luigi Nanni, si sono sempre impegnati e prodigati per raggiungere l’obiettivo di cui parlavo, e per onorare il lavoro da loro svolto, faccio un appello all’attuale Presidente e a tutti i componenti il Consiglio, affinché si attivino per recuperare e ricreare quella situazione, che era e deve essere l’essenza vitale della Casa delle Aie. Per concludere vorrei rivolgere un particolare ringraziamento a: Sergio Cecchi, Luciano Marconi, Bruno Rossi (Cecconi), carissimi amici, che mi hanno consentito di recuperare alcuni passaggi della vita di questa particolare associazione.

Giorgio Rocchi

Amarcord il Cluny Bar

Se il Grand Hotel Cervia, con il ristorante “Le Briò” è stato ed è l’albergo che i cittadini cervesi ricordano con maggior affetto, il Cluny Bar di Luisa e Peppino Manzi, è il locale che ha scritto una pagina di storia nel “centro” di Milano Marittima. Ho incontrato Peppino e la sua graziosa signora Luisa a Cesenatico, dove attualmente risiedono, e per prima cosa ho detto, da amico e cervese, che il loro “Piano Bar” non meritava il trattamento che gli è stato riservato. Ma riviviamo assieme la storia del primo “American Piano Bar” aperto su una passeggiata cittadina e raccontiamo alcuni momenti dell’attività, così come fece anche un’affezionata ospite di Milano Marittima che gli dedicò addirittura una poesia: “Splendido come ce ne sono pochi, esordisce la nostra amica, in un angolo un piano bianco a coda. Un pianista accarezza la tastiera. Sorseggio una bevanda “dolce”, dolce come la vita quì a Milano Marittima. Davanti a mè un lento passeggio, uomini, donne, ragazzi, bambini. Il mondo cammina, ma quì il tempo sembra si sia fermato, come in un’isola in mezzo all’oceano della vita. Mi guardo attorno, i tavoli sono pieni, il pianista suona e una voce armoniosa ricorda amori nuovi e amori lontani. Ma poi verrà l’inverno, i giorni passeranno, la vita scivolerà in un anno nuovo. Ritornerà l’estate, ritornerà il mio mare, ritornerà per mè uno spendido caffè. La canzone del pianista si spegne in un applauso e penso con un sorriso sulle labbra a una sera che tornerà. Una sera al “Cluny Bar”.

Amarcord il Cluny Bar

Il Cluny Bar, mi racconta Peppino, è nato da un sogno. Una notte sognai mio padre chi mi osservava mentre lavoravo in mezzo a tanti tavoli pieni di clienti, ad un certo punto dell’osservazione mi disse: “vai benissimo, continua così” e da quel “benissimo“ è nata la voglia di aprire un bar tutto mio. Fu così che, ispirato dal Bar Basso di Milano e dall’Harris Bar di Venezia, trovato il luogo adatto, progettai il Cluny. L’avvio con Luisa, il 16 maggio 1969, è stato di grande attesa, perchè ancora non c’era la clientela per il Cluny, ma Peppino e Luisa, assieme ai loro 3 figli la pensavano diversamente, e forte delle sue esperienze accumulate in giro per il mondo, cominciò a far sedere al pianoforte artisti come Renato Mattarelli, Thomas Bernard, il fratello di Thomas Nigel che suonava esclusivamente al Quisisana di Capri, allo Sporting di Gstad e alle Vele di Dubay. Inoltre, e questo non è da tutti, al loro fianco si sono formati e affermati numerosi Barman quali: Giancarlo Raschi di San Marino, Giancarlo Rossi, Bruno Iacomini, (in seguito diventato campione del mondo) Adriano Farabegoli, Mauro Nunziatini, Andrea Poni, Maria Cristina Graziani. Tutti professionisti che devono al Cluny e a Peppino Manzi, il loro trampolino di lancio.

Amarcord il Cluny Bar

Poi vennero le prime crisi, dovute alle mucillaggini, al cambiamento delle abitudini e della clientela, alle manifestazioni di intolleranza da parte di alcuni soggetti preposti ai controlli, tanto cambiò la situazione, che al Cluny fece capolino, dopo un adeguato restailing, una ristorazione in piena regola, guidata da Peppino e Luisa, con proposte molto mirate sui crostacei e il pesce dell’Adriatico. Per un po’ tutto andò bene, ma poi si sentì la necessità di rivedere l’offerta e nel 2000 il Cluny Bar cambiò politica commerciale e il figlio Marco, ormai diventato grande fra i tavoli e dopo alcune esperienze nelle zone caraibiche, propone alla famiglia di modificare il sistema del servizio per passare ad un lavoro che rispondesse alle esigenze giovanili che frequentavano e frequentano tuttora il “salotto” di Milano Marittima. E nel 2000 nasce “Antigua Blues“, viene eliminato il piano bar per introdurre l’assordante musica dei giorni nostri (togliendo così quel fascino anni 60 che si respirava passando davanti al n.71 di Viale Gramsci). L’attività del Piano Bar Cluny/Antigua Blues è stata chiusa il 24 settembre del 2005 lasciando spazio ad un negozio di vestiti.

Giorgio Rocchi