Continuano le solite chiacchiere sul destino di Milano Marittima ma senza voler davvero cambiare la mentalità.
Mai avuto la pretesa di dare lezioni a nessuno. Di lezioni su Milano marittima ne danno fin troppe persone che di Milano Marittima poco sanno e poco hanno vissuto, non ci tengo a confondermi. Quando con Thomas Venturi siamo partiti nel 2012 l’unico intento era quello di far conoscere la nostra località nei suoi aspetti più veri e poco conosciuti, sperando che far leggere qualche articolo storico, guardare qualche foto d’epoca e inedita potesse essere profittevole. Nonostante tutto c’è chi non profitta e tira dritto pensando di poter costruire qualcosa senza tener salde le fondamenta. E il bla bla bla continua, e continua ad ingrandirsi il problema e la possibilità di risolvere.
SE CHIUDE IL PINETA CHIUDE MILANO MARITTIMA
Il caso del sequestro del Pineta si presta a ribadire alcuni concetti evidentemente di difficile comprensione Nonostante alcuni articoli come “A Milano Marittima l’estate durava 6 mesi” e “Tradire Milano Marittima felici e contenti” avrebbero dovuto far perlomeno riflettere.
Sul Corriere del 4 Marzo 2023 abbiamo letto che saremmo “una località cresciuta con l’onda del nome della discoteca” e sul Corriere del 22 Marzo 2023 che il sequestro del Pineta è un “caso che coinvolge il modello turistico di Milano Marittima”. Del resto negli ultimi anni si sentiva spesso la cazzata “Se chiude il Pineta chiude Milano Marittima”. Credo sia decisamente improprio e quasi offensivo ridurre Milano Marittima al Pineta, dato che per mia conoscenza Milano Marittima è stata fatta dal sudore e dall’impegno di tante famiglie di imprenditori, negozianti, albergatori e bagnini che, ciascuno nel proprio settore, hanno cercato di dare il meglio per la crescita della località e del suo prestigio, perlomeno fino agli anni ’90. Gente che al Pineta non deve un fico secco. Il Pineta era una parte dell’offerta, per carità, una parte senza alcun dubbio prestigiosa ma non esageriamola. Fra l’altro si sa che puntare tutto su una sola carta è un gioco che finisce sempre male, molto male, e si fa anche la figura dei fessi, non certo la figura di esperti di strategie turistiche
Il problema è che si sono tradite le origini, le fondamenta e il modello Milano Marittima, che era scritto spesso dietro le cartoline degli hotel, “località immersa nel verde, tranquilla (che non vuol dire mortorio) del buon vivere e della buona tavola“. È diventata in poco più di un ventennio la totale negazione, sempre meno verde, sempre più casino, e la tradizionale buona tavola romagnola ormai è sparita da troppi hotel. Adesso la pubblicità è “siamo vicini al centro” sai che offerta di livello.
IL MODELLO TURISTICO
Quando si dice “squadra che vince non si cambia” chiedetevi perché hanno voluto cambiare e sconvolgere oltre 50 anni di modello turistico vincente e prestigioso. Ai piani alti hanno favorito questa involuzione al ribasso dopo che per decenni sono stati messi bastoni fra le ruote a tutti gli imprenditori che invece per Milano Marittima volevano il meglio.
Ha ragione Brunelli di Asshotel quando sul Corriere del 22 Marzo 2023 tira fuori la solita storiella dell’aumento della stagionalità, ma dovrebbe chiedersi prima come mai fino agli anni ’90 la stagione di Milano Marittima durava già oltre 6 mesi, e certamente erano anni in cui il clima non aiutava come aiuta oggi. Forse perché la località offriva di più e di meglio anche a livello di imprenditori e di professionalità? Chi è che ultimamente ha badato solo a coltivare il proprio orticello fregandosene del resto della città come se non fossimo tutti sulla stessa barca? Se non si esce dai muri del proprio hotel, dei propri negozi, dei propri bagni e si continua a pensare a Milano Marittima come brand e non come ad un paese a 360 gradi è inutile continuare a fare chiacchiere.
Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi