La nostra lettrice Fulvia Fusaroli ci riporta indietro nel tempo fino agli anni dell’Hotel Terminus immerso in una Milano Marittima dorata.
Oggi, se chiedi a qualcuno se conosce l’Hotel Terminus, ti sgrana gli occhi e scuote la testa, anche se ci passa davanti giorno e sera mentre fa le vasche, perché sta davanti alla gelateria Riva Reno, di fronte alla Cantinaza, insomma nel centro del centro. Purtroppo sembra un palazzo bombardato, vetri rotti, erbacce e un senso di desolazione infinito, mitigato soltanto, per me, dai magnifici ricordi della Milano Marittima della mia adolescenza.
l’Hotel Terminus di Milano Marittima in attività
Era il nostro albergo, un luogo di famiglia, semplice ma elegante , con quel muretto abilmente scolpito con bassorilievo da Irene Ugolini Zoli che aveva rappresentato come simbolo un cavalluccio marino. La terrazza con le sediolone in ferro battuto, i dondoli e il giardino affacciato sul viale principale. Era Gestito dai coniugi Montanari, lui un signore sempre ossequioso e timido, lei molto più altera, metteva quasi soggezione, anzi a me faceva un po’ paura.
Il cavalluccio marino. Opera di Irene Ugolini Zoli
All’Hotel Terminus soggiornava mezza Forlì e il periodo medio di vacanza era un mese, ma anche di più, tanto che mio padre lamentava di passare mezza giornata solo per scaricare i bagagli, perché in albergo ci si cambiava a pranzo e a cena.
La ristorazione era il vero asso nella manica, servizio impeccabile, maître che era il mitico Renna e camerieri zelanti tra cui ricordo Loris, che volteggiavano con enormi vassoi in alpacca argentata e non esisteva lo sporzionamento in cucina. Venivamo serviti al tavolo con una vera e propria arte della posata, del doppio cucchiaio per posare le verdure e le fettine. Anche la posateria era argentata e da allora ammetto che mangiare con le posate d’argento è una bella cosa che mi è sempre piaciuta, non so dire perché, ma un posto apparecchiato bene ti fa sentire una regina e tuttora non sopporto le apparecchiature raffazzonate, neanche se in casa mangiamo in due.
Le giornate scorrevano tutte uguali, colazione, spiaggia da Sartini, pranzo e poi tutto il pomeriggio con le amiche, fra cui la Federica Rossi, a provarci dei vestiti e dei trucchi.
Praticamente del mare di allora non mi ricordo niente, mi ricordo benissimo che andavamo in processione da Julian Fashion, da Space e mia mamma e mia zia invece dalla Rossana, tutte vestite Ken Scott con quegli scialloni serali tipo ciniglia, che ho ancora conservati, anzi quest’anno li riesumo. C’era anche una gioielleria meravigliosa, che pochi ricorderanno, si chiamava Vicinanza e stava dove poi sorse la Brasserie.
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I miei genitori la sera giocavano sempre a carte e poi andavano alle aste di Rafanelli, dietro la Rotonda primo Maggio, che erano vere e proprie lezioni di storia dell’arte sui tappeti persiani e i quadri antichi. Poi ci scappava una pizza da Zi Teresa, quella vera, non quella cosa di adesso, e un bombolone da Baldani a mezzanotte.
A sinistra il negozio di aste Rafanelli
Il viale era pieno di bar meravigliosi, il Nuovo Fiore per i nottambuli del Pineta e i fighetti , il Cluny per gli stranieri e gli elegantoni, con quel meraviglioso pianista nero di nome Nigel, La Perla per le famiglie e lo Sporting per i vitelloni del posto. Per noi ragazzi c’era la Capannina, dove si pattinava, il Papagayo, dove ogni tanto andavo di nascosto dai miei fuggendo in bicicletta, il cocomeraio li accanto e le Giorgine alla Terza Traversa.
Vecchia insegna del Pineta, sotto la Gelateria Nuovo Fiore e a sinistra il cartello del ristorante Zi Teresa
Abbiamo avuto vent’anni e passa di questa meraviglia, poi il mondo è cambiato, sono arrivati gli unni degli street bar, il turismo mordi e fuggi, i calciatori, le veline, gli ex del Grande Fratello e chi ne ha più ne metta. Se diventassi miliardaria comprerei quel che resta dell’Hotel Terminus e insieme a Federica credo che potremmo rifarne un luogo di magia, abbiamo mille idee, che resteranno forse il nostro sogno di bambine nel cassetto.
La storia dell’Hotel Terminus inizia da una vecchia villa acquistata dal gerarca fascista Italo Balbo per sua sorella Egle.
L’Hotel Terminus fu progettato negli anni ’60 dall’ingegnere forlivese Gino Righini che ne tenne la proprietà per diversi anni. É l’ultimo dei vecchi alberghi abbandonati dell’epoca della Dolce Vita rimasti ancora in piedi a testimoniare il passato di Milano Marittima.
L’Hotel Terminus ai giorni nostri
STORIA DELL’HOTEL TERMINUS
Prima dell’albergo in questa sede vi erano due ville costruite nel 1927 dal Dottor Augusto Lugaresi, quella con la torretta quadrata fu venduta al Sig. Mazzotti di Forlì che era ambasciatore in Austria e aveva 3 figli maschi, Elios, Eolo e Argiuna detto Bebi, più una figlia femmina di nome Ulpia. Elios fu il padre di quella Cristina Mazzotti trovata assassinata il 26 Giugno 1975 a soli 18 anni e gettata in una discarica a Milano.
Villa Egle e a destra Villa Arani.
Negli anni seguenti alla costruzione, la villa venne comprata da Italo Balbo per sua sorella Egle. A quei tempi, ospite dei padroni di casa, veniva in vacanza da bambino il grande naturalista Folco Quilici, il quale padre era amico e co-pilota di Italo Balbo. La seconda villa a guglia ottagonale era la villa di AgostinoArani che fu governatore in Italia e in Africa.
Il viale con le persone in bici è il Gramsci, davanti abbiamo Villa Egle e dietro Villa Arani.
UN PASSATO ANCORA OGGI TANGIBILE
A testimonianza di quanto detto riguardo alla proprietà della villa, è ancora oggi presente nella colonna del cancello in Via Cadorna una mattonella bianca con inciso il nome Egle.
Il cancello originale della villa con la mattonella bianca sulla destra
La mattonella che conserva ancora oggi il nome della vecchia proprietaria “Egle”
Si narra che quando Italo Balbo morì a Tobruk il 28 Giugno 1940, per non far sapere dell’accaduto a sua sorella dalle radio o qualsiasi altro mezzo di comunicazione prima che da parenti stretti, a Milano Marittima fu inscenato un finto black-out.
L’HOTEL TERMINUS OGGI
Attualmente la struttura si trova in avanzato stato di abbandono seppur, in anni recenti, fosse stato messo in vendita attraverso una agenzia. Non vi sono stati crolli e per questo motivo conserva ancora la sua forma comparabile con quella degli anni della sua costruzione.
Com’era la vita all’interno dell’Hotel Terminus? Scoprilo in questo articolo.
Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi e Thomas Venturi
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