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Il porto ai tempi del corno di bue

Il porto ai tempi del corno di bue

Corno di bue

Era la fine degli anni ’40, primi ’50, forse anche un po’ oltre ma sicuramente fino a quando in cima al molo di Cervia non è arrivata la corrente elettrica. A quei tempi le cose funzionavano cosi: i fari erano alimentati da gas acetilene e c’era il guardiano del faro che tutti i giorni al tramonto, non a un’ora prestabilita ma a discrezione sua, secondo il tempo e la visibilità, andava ad accendere i fari per poi tornare a spegnerli al mattino. A lui era affidata la manutenzione, che consisteva nel cambio delle bombole di gas esaurite, la pulizia del vetro della lanterna e la verniciatura degli stessi ogni tot mesi o anni; di colore rosso quello dalla parte di Cervia e verde quello dalla parte di Milano Marittima.

Il porto ai tempi del corno di bue

Il Porto Canale di Cervia negli anni ’50

Io ho conosciuto gli ultimi due guardiani del faro: Barbuto, che non era di Cervia ed è rimasto solo pochi anni, e Sartini, di Cervia, che abitava in una villa proprio attaccata allo Squero (una parte di molo senza palizzate, con uno scivolo da dove si potevano tirare fuori dall’acqua le barche per il rimessaggio) e che è rimasto fino all’età della pensione.

Il porto ai tempi del corno di bue

Lo Squero negli anni ’50

Per quel che riguarda la sirena è arrivata dopo. Le cose prima che arrivasse la sirena elettrica funzionavano così: tutte le barche avevano a bordo un grande corno di bue che soffiando dentro la parte appuntita, emetteva un forte e tipico suono udibile a distanza. Nelle giornate di nebbia un, chiamiamolo suonatore di corno, si posizionava in cima al molo suonando ogni tot minuti il suo corno. La barca che doveva entrare in porto, che per la nebbia ancora non vedeva il faro, duettava con il proprio corno di bordo insieme a quello a terra, finché questo “suona tu, che rispondo io” fatto per diverse volte, l’aveva accompagnata all’imboccatura del porto da dove poteva vedere i fari ed entrare tranquillamente. Il corno con la nebbia veniva usato anche in alto mare onde evitare collisioni tra le barche stesse.

Paolo Maraldi

Il faro di Cervia

Divenuto a tutti gli effetti un simbolo della città, il faro di Cervia ha una storia molto antica.

DA DOVE DERIVA IL NOME FARO?

Bisogna tornare molto indietro nel tempo, e precisamente al III secolo a.C, e posizionarci con la cartina nei pressi di Alessandria d’Egitto. Proprio di fronte, infatti, sorgeva un’isola, di nome Pharos appunto, che ospitava una torre con un fiamma che ardeva costantemente come aiuto ai naviganti del tempo. Da questa curiosità etimologica si arriva a definire anche l’utilizzo e l’utilità del faro così come lo conosciamo oggi.

Il faro di Cervia

Il faro negli anni ’50

LA STORIA DEL FARO DI CERVIA

Il faro di Cervia, che spicca nella zona del porto canale, fu costruito nel 1875 da Ferdinando Forlivesi e ha subito nel tempo alcuni cambiamenti come ad esempio nel 1918 quando venne alzato per sovrastare i nuovi edifici che vi sorgevano attorno e una seconda volta nel dopoguerra per riparare i danni subiti. Non è stato il primo faro di Cervia poiché, quando la conformazione della nostra zona era molto differente rispetto ad oggi e la costa arrivava addirittura ad un chilometro più all’interno (siamo verso la fine del ‘700), la Torre San Michele si ritrovò di colpo a svolgere questo ruolo.

Il faro di Cervia

Il faro negli anni ’60

Si ha testimonianza da un atto notarile che nell’angolo lato porto canale della Torre San Michele si trovava un’asta di ferro che serviva da sostegno per una sorta di lanterna che indicava il punto d’approdo per le barche.

Il faro di Cervia non è aperto al pubblico e la possibilità di accedervi è data solo in rari eventi organizzati dal Comune.