Il fotografo Crepaldi si é detto soddisfattissimo per il successo della sua recente mostra, specie fra i più giovani, avidi di sapere cose che nessuno prima aveva mai raccontato loro… Foto che testimoniano momenti di verità che, troppo spesso invece, non troviamo nei libri. Esempio è il libro di 63 pagine scritto nel 2005 da padre Pietro Rossi dei francescani intitolato “Milano Marittima Stella Maris, guida storico-religiosa”. Rossi scrive “Mancava uno studio organico e sintetico sulla sua origine storico-religiosa (riferito a Milano Marittima ndr). Il presente opuscolo si propone di rispondere a questa esigenza”. In primis, è già tanto che un frate dica una grande bugia, perché già nel 1980 padre Geremia Ronconi aveva pubblicato un libretto che, pur con tante mancanze, ripercorreva proprio l’origine della nostra parrocchia di Milano Marittima. Quando si prende in mano una guida, si vorrebbe che ciò che vi è scritto corrisponda al vero. Invece qui è tutto il contrario! Le prime 26 pagine non riguardano Milano Marittima. Nella sua autobiografia padre Pietro rivela essere alla Stella Maris “Solo da pochi mesi”: allora che fretta c’era? Perché non prendersi più tempo e scrivere qualcosa di veramente utile? Nonostante gli auspici (pag. 6) il risultato non è né organico né sintetico. L’auspicata “soddisfazione per chi legge” sarebbe stata raggiunta nel riportare fatti inerenti l’argomento, non un continuo sproloquio e prolissi riferimenti bibliografici a piè pagina. Si dilunga su futilità, poi diventa stringato ed evasivo allorché arriva ad argomenti che sarebbero interessanti! Non cita date, luoghi, nomi: ma che guida storica è? Un esempio eclatante, quando racconta “forse solo pochi sanno che se la Stella Maris è sorta si deve anche all’intervento di Benito Mussolini”. Domanda: se la cosa è sconosciuta e ti prefiggi di renderla nota, perché non la racconti come si deve? Invece Rossi non precisa l’anno, il luogo, i nomi dei vari personaggi coinvolti in questo atto così importante. Vorrei precisare che c’è anche un errore, perché la richiesta al Duce di avere una chiesa per Milano Marittima non avvenne contestualmente all’inaugurazione del Lido, ma alla Rotonda 1° Maggio dove le due pie donne protagoniste della supplica avevano le loro botteghe. Quanto al “personaggio del corteo fascista” é ragionevole identificarlo con Dino ad Murét e non con Quinto Lugaresi che nella nostra città arrivò molto dopo. A pag. 30 e per 3 pagine si dilunga su Palanti manco l’avesse conosciuto di persona: si può parlare per 3 pagine di un uomo per sentito dire? Anche qui, pare un’assurdità che un frate ometta che Palanti fece il ritratto di Pio XI.
Papa Ratti fu estimatore, amico e protettore di un Monsignore della mia famiglia. Ambedue ordinati sacerdoti nel 1922, ambedue appassionati di studi storici ed antichi documenti fin da ragazzini, col manipolo di amici il futuro Papa aveva fatto Capodanno del 1900 in preghiera in cima al Vesuvio (su cui molto scrisse il mio parente), e sua nipote contessa Carla Ratti, ha poi sposato un imprenditore Napoletano. Ancora oggi sono in contatto coi vecchi domestici (pensionati) della famiglia, che quando hanno saputo della processione del Centenario presieduta da Tettamanzi, mi hanno chiesto i manifesti in ricordo dell’importante gemellaggio religioso. Quanti di noi hanno avuto la stessa sensibilità storica?
Tornando a Rossi, sarebbe stato più simpatico un accenno a Giovannino Guareschi, il babbo di “Don Camillo”, che a Milano Marittima era un habitué. Frate Davide è testimone di una mia recente conversazione con un giornalista di un quotidiano locale che, pur scrivendo spesso su Milano Marittima diceva di non aver mai sentito i nomi di De Maria del Woodpecker, “Pupo” Sovera o di Peppino Manzi e qui si torna al discorso iniziale, ovvero, quanto i giovani siano poco informati della storia della nostra città e quanto poco ne sappiano coloro che hanno sempre Milano Marittima sulla bocca. Il giovane giornalista mi ha citato proprio Guareschi e gli ho raccontato come venisse all’hotel Le Palme, di come tutti i giorni con la moglie andasse al Bar Barbanti e sicuramente alla dirimpettaia Stella Maris. Ancor più sorpreso è stato quando gli ho buttato li che secondo me nel personaggio combattivo di Don Camillo, Guareschi doveva averci messo anche qualcosa dei nostri altrettanto combattivi primi frati francescani. Proprio in questi giorni (Carlino 7.10.2013) a Brescello hanno ripreso la processione che vedeva portare il Crocifisso “parlante” di Don Camillo dalla chiesa al Po. Ricorda molto la nostra processione della Madonna, portata dalla chiesa alla spiaggia. Quanto poi al “referendum” (pag. 56) che i cittadini di Milano Marittima avrebbero fatto per non erigere il campanile della chiesa nuova è pura fantasia! Secondo Rossi, i residenti non volevano deturpare il paesaggio. La realtà è più prosaica: come disse la moglie dell’ing. Berardi, a non volerlo per motivi di sicurezza era l’aeronautica e fu il genero di Palanti insieme ad altre persone a chiedere semmai che non si rovinasse la vetrata posteriore sulla pineta, vetrata che, nel progetto originale il campanile avrebbe coperto. infine mancavano i soldi perché era fallita l’impresa del faccendiere siciliano Giuffré, triste personaggio di cui Rossi e a maggior ragione Geremia si guardano bene di non ricordare. Ancora pura immaginazione quando ricorda i baraccamenti in pineta, abitati da sfollati di guerra e da zingari (notizia che ritroviamo in un libro successivo di una nota giornalista): erano le baracche dei militari addetti all’aeroporto inglese nella pineta! Gli sfollati cervesi, invece, s’erano insediati nelle ville dei “signori”. Che nel Dopoguerra faticarono non poco per riappropiarsene! Insomma, se tali sono le guide storiche su Milano Marittima stiamo freschi! “Coraggio, il meglio è passato” diceva Flaiano.
Il Conte che non conta