Ci sono cose che non si spiegano, tipo chi fosse la mente malata dello stilista che disegnava i vestiti di “Kiss me Licia”? Oppure, ma che diavolo di lavoro facevano i fratelli Duke per aver tutto quel tempo libero per scorrazzare in lungo e in largo per Hazzard? Altre, invece, si spiegano benissimo. Nel Febbraio del 2013 avevamo perso per il maltempo almeno 200 pini (cfr. Corriere 27.02.2013) e poco dopo un esperto giardiniere Germano Lolli ci aveva spiegato “I pini di Milano Marittima sono destinati a cadere tutti entro pochi anni” (cfr. Voce 01.03.2013) dicendoci perché e percome. Naturalmente fu attaccato, anche nella sua professionalità. Però solo a Pinarella, con l’ultima burrascata, sono caduti altri 100 pini! Forse Lolli aveva ragione? Piove e cadono pini, nevica e cadono pini, tira vento e cadono pini, fra un po’ per tirar giù i pini basterà scoreggiare. Nel 1878 Oscar Wilde scriveva della nostra pineta “nobile foresta di pini” immersa in una “strana quiete”. E’ lontano il 1884 quando a Ravenna ci volle la carica di due compagnie di granatieri per disperdere i “pinetofili”, cioè le oltre 500 persone che al grido di “W il pineto” erano scese in piazza preoccupate che la bonifica ravennate compromettesse anche il verde. Milano Marittima la città giardino dove non solo non c’è più un fiorista, ma dove dovrebbero esserci tante case giardino ed invece ci sono sempre più case cemento: perché ciò che non fa la natura, lo fa la cementificazione. E dire che un tempo la gara fra i ricchi ed i signori era proprio incentrata sul verde! Gli intramontabili parametri del “io ce l’ho più lungo e più grande” si riferivano alle dimensioni dei giardini. Capofila di questa forma-mentis fu il Re Sole. Era più interessato al suo “green” che al suo palazzone, firmò non progetti edilizi ma bensì una piccola guida “La maniera di mostrare i giardini di Versailles”, 300 anni fa, e non abbiamo imparato niente. Su “La Gazzetta di Cervia” n.5 del 1958 già Spallicci scriveva l’articolo-denuncia “Gli italiani non hanno nessun amore per le piante” vedendo i primi abbattimenti a Milano Marittima.
Se in Canada (scrive la Stampa) “si aprono appositamente le funivie per regalare prospettive dall’alto” dei boschi colorati, da noi si sentono continuamente le motoseghe a far da triste controcanto agli uccellini, né possiamo trincerarci dietro ai giardinetti del Maggio in Fiore, che poi sono altri a farci. Almeno il Brasile ha giustificato il +28% di deforestazione con la necessità di costruire strade, ferrovie e dighe: qui sappiamo come sono ridotte strade e stazione dei treni, e si abbatte solo per fare appartamenti. Quando il Ginanni scrisse il suo trattato sulle pinete nostrane nel 700 gli ettari erano 889, oggi sono 260. Quindi, sono favole quelle riguardanti la “pineta secolare” di Milano Marittima dato che anche quel terzo rimasto, secolare non è. Prima mazzata alla pineta fu la deforestazione del 1917 per fornire 95.000 quintali di legname alla III Armata del duca d’Aosta. “Scempio” e “catastrofico” lo definisce Gino Pilandri, perché perpetrato anche senza rispettare le direttive governative. Fra le due guerre mondiali buona parte della (ex) pineta fu messa a reddito “per farne campi di riso e barbabietole” (per i cervesi) come scrisse Palanti. Proprio lui, a più riprese, si preoccupò del pineto “che minacciava di essere distrutto, quindi un merito grandissimo della nostra Società è stato quello di conservare il pineto di Cervia”. Nel 1932 la Società milanese restituì al Comune tutta la zona delle traverse. Palanti se da un lato difende i bisogni soggettivi dei cervesi, dall’altro è irremovibile difensore dei diritti oggettivi del paesaggio verde. Palanti chiede inoltre che non si speculi, come più tardi dirà Spallicci a fine anni 50, invocando per Milano Marittima “un turismo che non può essere solo speculativo”. Altra grave deforestazione quella del 1945 per organizzare l’aeroporto militare inglese abbattendo 512 ettari di pineta. Altre stragi ci sono state nei decenni successivi con alcune grandi gelate come quella del 1954, o le abbondanti nevicate in pieno periodo pasquale come nel 1978 e nel 1986. Solo dal 1984 s’è parzialmente rimediato con rimboschimenti, e fanno perlomeno sorridere certe iniziative come “Piantiamo un milione di alberi” come quella promessa dai Lions (cfr. Carlino 12.11.11). In un intervista di fine Ottobre, Joel Cottin, curatore dei giardini di Versailles (vittima di una strage di alberi nel 1999) ha detto “Mi ricordo che, abbattuto il boschetto della Girandola, e lasciato per un anno senza cure, aveva perso tutta la sua struttura vegetale. Il primario obbligo del nostro mestiere è lavorare con le stagioni: se ne saltiamo una, è tutto da rifare, ed in un solo anno tutto può perdersi”.
In questo 2013, fra il maltempo d’inizio anno (oltre 200 alberi) e il maltempo di inizio Novembre (oltre 100 alberi) abbiamo perso 300 pini. Pauroso, e non possiamo consolarci coi giardinetti di Maggio, e quel che preoccupa, è che abbiamo davanti ancora 3 mesi difficili climatologicamente. Certo è, che quando ero bambino, il clima era anche più rigido, però queste stragi così continuative non le ricordo.
Il Conte che non conta