Una questione di palleE’ colpa mia se la storia (quella vera) di Cervia è come il sidecar di George e Mildred, cioè che ne rimane sempre un pezzo per strada? Lo stemma di una città rappresenta tutta la sua popolazione, specie nelle cerimonie. Anni fa è stato indetto un concorso comunale (Carlino 21.3.2015) per ridisegnarlo data “L’esigenza di recuperare la storia araldica riproponendola nella contemporaneità”. Una bella idea, però la storia è storia e l’araldica è l’araldica, fatti e regole ben precise. La legge statale demanda la competenza all’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio per ogni richiesta o cambiamento di stemmi di enti. Gli stemmi delle famiglie nobili non sono minimamente tutelati per legge, mentre quelli degli enti, come il Comune, lo sono eccome. Fa testo il R.D. 652 del 1943 che nell’art.97 spiega bene quale tipo di corona va posta sugli stemmi comunali. Nel concorso cervese si raccomandava di tenere la corona a nove punte, o meglio a nove palle, quale imprescindibile elemento grafico per la nuova veste. Così, però, il nuovo stemma di Cervia sarà araldicamente ancora più antistorico e illegale del vecchio! Questo perché la corona con nove punte e nove palle è un’assurdità. Questa corona era di accessorio agli stemmi dei conti e tra l’altro non ci risulta storicamente che Cervia sia mai stata una contea (come Montaletto fu invece eretto in marchesato). Ergo non si può neanche fare appello all’art.94 che prevede rarissimi casi deroganti di “corone speciali”. Insomma, la nuova veste grafica doveva essere un’occasione per far fuori la vecchia corona comitale ma invece si continua con un abuso storico e giuridico. Va detto che furono molti i comuni italiani con stemmi pieni di simili abusi (cfr. Tribolati F. “Grammatica Araldica” 1904) e lo hanno mutuato da quello delle famiglie nobili già signoreggianti il paese. Ma anche qui non è il caso di Cervia, il cui stemma si rifà alla leggenda della cerva in pineta. Insomma, tutta una fantasia, un po’ come le interpretazioni del conte Ginanni (“L’arte del blasone” 1756) la cui discendente contessa Susanna, la mia cara “nonna Susy”, tutt’oggi abita a Milano Marittima e a 95 anni è anche la decana di noi residenti storici.

Per far maggiore chiarezza su quanto detto vi consiglio di leggere questo interessante articolo dove spiega che oltre i due terzi degli stemmi comunali del nostro paese non sono a norma o non hanno ricevuto il necessario riconoscimento.

Il Conte che non conta

3 risposte

  1. E per rimanere in tema di stemmi e loghi: che fine ha fatto il logo, vincitore di apposito concorso, per veicolare Milano Marittima dopo l’accantonamento di quello usato per il centenario? Mai viste girare quella sorta di due M banalissime!

  2. Caro Ottavio,
    sempre bello rileggere nei vecchi post citazioni e tue belle parole di affetto per la nostra “nonna Susi” (veramente mia nonna all’anagrafe e consanguinea.. ) e i vari miei antenati..che almeno le nove punte e palle le avevano realmente oltre allo stemma insieme al titolo; non come certe “sole” e famiglie dal titolo acquistato se non addirittura inventato come certi stemmi che quando poi a farlo sono le istituzioni come i Comuni ci strappano una gran bella risata. Saluti e sempre validi i post che resistono nel tempo e al tempo grazie alla memoria digitale del Blog.
    Saluti da Roma e semmai passerò a salutare zia Isabella non mancherò di avvisarti per un caffè blasonato 😉

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *