Per alcuni era solo un bar, per altri era solo un luogo dove mettersi in mostra, per pochi come me lo Sporting era un pezzo di vita più che di storia.
Francamente, non vedevo l’ora che la notizia fosse ufficiale. Ero stato fra i primi a sapere, poi comunque la voce aveva iniziato a spargersi per Milano Marittima. Per me lo Sporting era finito da molto prima, anche prima del 2000 quando aveva chiuso la prima volta, prima dei vari tentativi di “ripescaggio” poi falliti. Del resto era rimasto solo un nome, come per Milano Marittima. Praticamente un’agonia.
Adesso siamo arrivati davvero alla fine, la fine di un altro simbolo della mia Milano Marittima, della mia vita e della mia storia famigliare. Sì, perché sembra ieri, quella mattina del 1978, in cui mia madre, perché avevo una gran sete durante le nostre compere, si fermò allo Sporting e un notissimo mediatore, che aveva l’agenzia difronte, le propose di prendere in affitto il negozio vicino al bar, cosa che fece subito e così fummo il primo e a lungo solo negozio ad avere 2 punti vendita in Milano Marittima.
Ho ancora nelle narici il profumo di quando facevano il gelato, e di quanto mi vergognavo quando attraversavo la strada (allora doppio senso) per andare a comprare quello della concorrenza alla Perla. Ricordo i dipendenti, a partire dai camerieri, e i loro racconti nei momenti di pausa, come una famosa partita di calcetto contro i colleghi della Perla che fece intervenire i Carabinieri in notturna e alla quale ho fatto cenno in questo vecchio articolo. Ricordo che qualche volta sfrecciavo con la mia piccola bici di bimbo di 4 anni fra i tavolini, o quando a quei tavolini mi sedevo, specialmente nelle ore morte del pomeriggio, magari con la mia adorabile Carmen Pantani della omonima boutique che prendeva l’immancabile Schweppes. Ricordo che col gruppo dei miei amichetti si andava a giocare disopra nella sala telefonica con gli elenchi di tutta Italia e le cabine massicce tipo quelle dei vecchi quiz televisivi. C’eravamo io, Marco Guardigli, della omonima gioielleria, la Melita Dal Pozzo, dell’ottica Giordani, Gianluca Ricci, della boutique Big Ben (oggi Niagara), la Chiara Rosati, dell’omonimo negozio di ricami fiorentini, Giovanni Gardini, della villa storica di viale Gramsci, le nipoti della stessa Pantani e altri figli di negozianti.
Oggi leggo che lo Sporting era ritrovo, negli anni ’70 e ’80, del fior fiore della gioventù, io francamente ricordo fior fiore di nomi della imprenditoria e dell’aristocrazia italiana e non, perché se voi tuttora credete che siano i nomi e i toponimi a fare la differenza, a farvi credere vip o addirittura signori, in realtà erano, e sono, le persone che frequentano una località o un locale a fare la differenza. Stesso vale per chi quel locale lo gestisce. La gestione è fondamentale, non il nome sulla insegna. Lo Sporting della gestione di Enzo Braccia, che passava ore in chiacchiere con mio padre, e già in illo tempore diceva, appunto come mio padre, certe cose su come si stava impostando Milano Marittima, e si è rivelato, come papà, un profeta, o meglio, solo una persona dotata di senso logico consequenziale. Non bastava, e non è bastato, riaprire il locale credendo che il solo nome assicurasse gli antichi fasti dei miei anni infantili. È una di quelle cose che non entra nel cervello, eppure è tanto semplice. Quella clientela, a Milano Marittima, non la vedremo più, si è fatto di tutto per schifarla e di tutto per massacrare sto benedetto paese che era un sogno 365 giorni l’anno.
Confesso che mi dà parecchio fastidio, oggi, tutta l’ipocrisia dei commenti che leggo sulla chiusura dello Sporting da parte di tanta, troppa gente, che fino ad ora ha fatto finta di non vedere e non sentire. Quando hanno chiuso locali altrettanto storici e iconici come Perla, Cluny o Nuovo Fiore, non mi pare di aver letto commenti simili, così preoccupati, per la strada che si era imboccata e ora vediamo dove ci ha portato. Dov’erano tutti? Quando questo blog e il sottoscritto denunciavano l’andazzo, erano solo offese, critiche, inviti anche pesanti vis a vis a tacere e, nel caso, emigrare in altri lidi senza rompere i coglioni. Eppure, neanche questa svolta dello Sporting farà capire che ormai a Milano Marittima esistono solo la spiaggia con tutti gli annessi e connessi, e l’edilizia rampante delle seconde case, tutto il resto si arrangi.
Lo Sporting del vecchio Pasini di Forlì, che aveva ricavato il minuscolo bagnetto sulle scale. Lo Sporting con le tovaglie multifotografiche (si dirà così?), dove c’era l’offerta delle ricchissime coppe gelato. Lo Sporting della Milano Marittima verde natura e non grigio cemento, dei locali salotto e non casinificio. La Milano Marittima signorile, non vip. La Milano Marittima dell’élite, non dei maranza. La Milano Marittima, quella vera.
Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi


