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La “trafila” cervese dei generali inglesi

Il giornalista Massimo Previato racconta la fuga da Cervia dei generali inglesi coadiuvata da suo nonno Carlo Saporetti.

Tutta la notte con la pistola in mano, all’addiaccio, nel giardino di villa Maria Luisa, per difendere i generali inglesi. Così mio nonno, Carlo Saporetti, riuscì a salvare insieme ad altri valorosi cittadini, i generali Richard O’ Connor e Philip Neame. Furono ospitati nel periodo a cavallo fra la fine di novembre e la prima settimana del dicembre 1943 nella villa di Ida Paganelli, infermiera e militante antifascista, che per il suo coraggio venne in seguito catturata e torturata dai fascisti.

carlo saporetti

Carlo Saporetti

Durante il giorno Mario Spallicci, fratello del grande poeta Aldo “Spaldo”, si occupava dei militari. L’opera di quest’ultimo fu fondamentale in quella “trafila”, che vide poi i fuggiaschi in salvo al di là delle linee tedesche. Lo stesso dottor Spallicci visitò O’ Connor, affetto da bronchite e febbricitante, come pure fece sempre a proprio rischio e pericolo il dottor Tommaso Guerra. La Paganelli e la cugina Maria Valentini prestarono grande cura ai generali, che in alcune lettere a Saporetti ringraziarono per la grande ospitalità ricevuta, inclusi anche alcuni succulenti piatti di cappelletti e tagliatelle.

Philip Neame

Il generale Philip Neame

Nel frattempo il maresciallo Boyd – che faceva parte del trio fuggito dopo l’8 settembre dal campo di prigionia di Arezzo – veniva ospitato all’hotel Mare e Pineta, sotto le cure di Ettore Sovera. Ma facciamo un passo indietro. Infatti ai primi di novembre del 1943, come recita la “Relazione sull’assistenza prestata ai generali inglesi nel cervese” del Cln, giunse a Cervia da Ravenna Arnaldo Guerrini, deceduto poi nel luglio del 1944 in seguito alle torture delle SS nel carcere di Bologna. Quest’ultimo si rivolse a Aldo e Mario Spallicci per prendere accordi sulla possibilità di ospitare a Cervia i generali Neame, O’ Connor e il maresciallo dell’aria Owen Tudor Boyd. Gli Spallicci chiesero la collaborazione di Carlo Saporetti, con il quale – secondo le disposizioni del Guerrini – dovevano trovare una barca da pesca per condurre i militari all’alba in alto mare, dove sarebbero stati imbarcati da un sommergibile inglese.

Richard O'Connor

Ma in un secondo tempo il tenente colonnello Bruno Vailati, accompagnato da un membro del Cln di Forlì, modificò il piano. I generali, infatti, avrebbero raggiunto l’Italia meridionale per mezzo di una nave alleata, che si doveva trovare al largo della foce del Savio nella notte del 24 o del 28 novembre. Erano stati fissati due appuntamenti tenendo conto degli imprevisti. Spallicci prese poi contatto con Vailati per farli andare a Cervia nel caso fallisse l’operazione.

I generali giunsero in bicicletta da Forlì la sera del 23 novembre, accompagnati da Arturo Spazzoli e da altri due forlivesi. Al ponte di Savio furono ricevuti da Mario Spallicci e da Vailati, e accompagnati in una casa indicata da Antonio Rossi – sempre di Savio. Alle prime ore del giorno, guidati da Primo Pansecchi, si recarono sulla spiaggia adiacente alla foce del fiume, ma l’imbarco non avvenne. Alcune voci raccontano di come il generale Alexander ostacolasse il rientro di un suo “avversario” per il comando militare, quale era appunto Neame. Ma quella presunta verità non è mai diventata tale, e naviga ancora in quel gelido mare di novembre.

I generali si recarono così – sempre in bicicletta – a Milano Marittima, dove furono nascosti in una villa situata nella pineta. Però non era un posto sicuro, e così Federico Monti, Ferruccio Boselli e Ettore Sovera li accompagnarono in un’altra villa. Lo stesso Sovera provvedeva ogni giorno a sfamarli, portando loro le vivande dell’albergo, coadiuvato da Monti a Spallicci.

Un nuovo imbarco fu tentato la sera del 27 novembre, ma ancora senza esito. Ritornati a Milano Marittima i generali vennero accompagnati nella ennesima villa disabitata, però la zona pullulava di tedeschi, e alcuni di loro un giorno tentarono di forzarne la porta. Fortunatamente proprio in quel momento stavano arrivando Sovera e Spallicci con il cibo, e l’albergatore riuscì – grazie alla sua familiarità con la lingua tedesca – a fare desistere i soldati nazisti dal tentativo. Nel frattempo Spallicci ebbe il tempo di avvertire i fuggiaschi, dirottandoli insieme a Boselli in campagna.

Per breve tempo furono ospitati a Pisignano, in una stalla, poi Boselli avvertì Spallicci e Saporetti che era in atto uno scontro fra partigiani e nazisti, proprio in quella zona, e occorreva trasferire nuovamente gli inglesi. “Saporetti propose la villa di Ida Paganelli – si legge nel documento -, nella quale era stato ospitato poco prima il capitano dei Commandos Emery. Il Saporetti venne poi a sapere che la villa contigua era occupata da un maresciallo dei carabinieri mutilato, il quale riceveva visita dal maresciallo e comandante dell’arma locale Mannucci, fascista acceso e responsabile dell’arresto di due inglesi fuggiti dai campi di concentramento. Nonostante questo inconveniente, poiché il tempo stringeva, Saporetti decise per la villa “Maria Luisa” della infermiera antifascista.

Verso l’imbrunire lui stesso, recatosi nei pressi del cimitero di Cervia, attese i generali inglesi O’ Connor e Neame, che giunsero accompagnati da Boselli e dai coniugi Telesio. Questi ultimi proseguirono poi per Milano Marittima, con Monti e Spallicci, portando Boyd al Mare e Pineta. L’8 dicembre Vailati, che si era recato a Pesaro per pianificare la fuga dei militari, ritornò a Cervia in automobile per prelevare i generali e il maresciallo. “Tutte le spese per l’organizzazione e il vettovagliamento – si legge ancora -, sono state sostenute dalla organizzazione antifascista di Forlì e Cervia”.

I militari riuscirono poi a imbarcarsi a Cattolica, dopo altre peripezie, e Neame fu ricevuto nientemeno che da Winston Churcill. Le informazioni sui movimenti del nemico raccolte sull’Appennino forlivese, dove diversi militari inglesi erano riparati alla “Seghettina” appena fuggiti, furono davvero preziose.

O’ Connor scrisse a Carlo, nel dicembre del 1946, ringraziando tutti gli amici di Cervia per “la cortesia e l’assistenza”.

La “trafila” cervese dei generali inglesi

La lettera originale di Richard O’ Connor

La “trafila” cervese dei generali inglesi

La traduzione della lettera

Anche Emery scrisse, dispiacendosi per il “trattamento selvaggio dei fascisti e dei tedeschi riservato a Ida Paganelli, che mai dimenticherò per la sua generosità e gentilezza”.

La “trafila” cervese dei generali inglesi

Il certificato firmato dal generale Alexander

Alexander inviò infine un certificato di gratitudine a Saporetti, per l’aiuto prestato ai marinai, ai soldati e agli aviatori di “British Commonwealth of Nations”.


Massimo Previato

Hotel Mare Pineta

L’Hotel Mare Pineta di Milano Marittima ai tempi di Ettore Sovera, un’eccellenza romagnola la cui fama varcava i confini nazionali.

Anni ’60, Milano Marittima è nel pieno del suo prestigio. Viene gente da tutte la parti d’Italia, anche dall’estero, per godere dei servizi di prima categoria che ogni settore, da quello alberghiero a quello della ristorazione e dei bagni in spiaggia, è in grado di offrire. É una Milano Marittima che insegna a fare turismo a tutta la Riviera Romagnola e il suo nome è sinonimo di classe, qualità e divertimento.

No, non quel divertimento come lo interpretiamo oggi, è un divertimento raffinato, fatto di cavalcate nel maneggio dell’Hotel Mare Pineta e poi in spiaggia, di bagni termali e serate nei dancing a ballare i lenti. Si, forse divertimento non è il termine giusto, sarebbe più consono chiamarlo, Dolce Vita, vi dice qualcosa?

maneggio

Guardo la foto qui sotto e ne rimango estasiato. Lo sguardo di Ettore Sovera è rappresentativo di quegli anni, severo ma complice al contempo. Il direttore di cucina Alfredo De Stefanis, il direttore del ristorante Pasquale Martini e il capo cuoco Battista Gaudenzi, hanno sorrisi distesi e posano con fierezza per una delle tante foto di quel tempo che sapevano sarebbe poi finita su cartoline e dépliant con le più svariate destinazioni europee. Era la Milano Marittima la cui fama varcava i confini e non temeva concorrenza, la Milano Marittima che sapeva coccolarti e divertirti allo stesso tempo e che era il posto ideale nel quale vivere.

hotel mare pineta

Ettore Sovera, Battista De Gaudenzi, Pasquale Martini e Alfredo De Stefanis

A quei tempi l’Hotel Mare Pineta realizzava molte foto come questa, foto nelle quali lo staff veniva messo al pari della struttura ricettiva e fungeva da accento dorato per dare valore a tutto il contesto. Lo staff era il segreto del successo e le persone vi si affezionavano, creavano legami e tornavano anno dopo anno come a rivedere una seconda famiglia lontana dalla loro vita di città.

hotel mare pineta

Lo Staff di cucina e i camerieri rigorosamente in giacca bianca

hotel mare pineta

Il maestro Bedosti, Battista lo chef, Amedeo Sovera, Giuliana Sovera (Pucci), Martini il maitre, Gennarino il barman, Scaunich maestro di tennis

Guardando queste foto è tangibile quanto fosse alto il livello di attenzione per i dettagli e la professionalità, il tutto arricchito da figure fuori dall’ordinario come le “fruttaie” che vediamo ritratte nella prossima foto.

le fruttaie

Le fruttaie del Mare Pineta

Per capire quanto Ettore Sovera tenesse all’eccellenza e a fare dell’Hotel Mare Pineta una grande e prestigiosa famiglia, bisogna fare caso al fatto che non era raro vedere citati nelle pubblicità i nomi di tutti i componenti dello staff, come fosse un vanto… e difatti lo era!

hotel mare pineta

Sono tempi lontani, assolutamente irripetibili, fatti di grandi pionieri del turismo che hanno steso un tappeto intrecciato di fili dorati che chi è venuto dopo non ha saputo più ricamare.

Thomas Venturi