Il blog di Cervia e Milano Marittima

La torta di Kate rappresenta una metafora tra una tradizione inglese e la nostra storia locale: chi ci rimette con questa pratica?

Più che fiumi di panna e cioccolato, fiumi d’inchiostro che i media hanno usato per parlarci della torta di battesimo del piccolo principe d’Inghilterra, che altro non è che una parte conservata e congelata della torta di nozze di due anni prima dei suoi genitori William e Kate.

L’idea di conservare il dolce nuziale per il battesimo del primogenito pare sia una tradizione britannica, più che usanza dei “royals”. Il Presidente dell’Istituto Italiano Alimenti Surgelati ha detto che se è stata surgelata correttamente anche dopo due anni e mezzo è assolutamente commestibile. Discorso diverso per il sapore: probabilmente ha perso gran parte del gusto e potrebbe esserci addirittura qualche boccone amaro.

LA STORIA LOCALE COME LA TORTA DI KATE

La storiografia locale nostrana può essere perfettamente paragonata alla torta di Kate: è roba datata, tirata fuori in più occasioni scongelandola e servendocela all’occorrenza e spesso ha perso il gusto, quando addirittura ci lascia l’amaro in bocca.

Basta scorrere i titoli dei libri e degli articoli che negli ultimi decenni sono stati dedicati alla storia di Cervia e Milano Marittima: praticamente sembra di leggere continuamente lo stesso libro, lo stesso articolo, con ben poche variazioni sul tema! Ci sono studiosi che farebbero prima a fotocopiare direttamente i propri libri o articoli e riproporceli cambiando al massimo la copertina, come fa la società dei telefoni, quando ogni anno riedita i pressoché immutati elenchi variando solo la copertina.

L’edizione di Ottobre di “Cervia il giornale della città” ci ha segnalato la serie di incontri-conferenze “Il sale della storia” con le seguenti parole “Oltre che dare un contributo al recupero dell’identità storica del territorio, le iniziative sono anche rivolte al personale insegnante delle scuole per consolidare il rapporto di collaborazione con la realtà dell’associazionismo culturale locale”.

LA STORIA SI RIPETE COME LA TORTA DI KATE 

E qual é il risultato di tutta questa sinergia, di tutta questa mobilitazione di associazioni? Basta scorrere la programmazione: la settimana rossa ed il Fascismo (16 Ottobre), l’Adriatico fra risorse e problemi (30 Ottobre), la pineta e la città (23 Ottobre), le colonie (6 Novembre), gli ufficiali inglesi a Milano Marittima nel 43 (20 Novembre), ville hotels e turismo nel 900 (27 Novembre). Col solito materiale presentato dalle solite persone.

Una di queste conferenze ha prodotto un libro presentato proprio mentre ne scrivo: “Su mirabili spiagge e balsamiche pinete” di Cerasoli e Garavini. Uno studio indubbiamente ben fatto, conoscendo la grande e seria preparazione della dott.ssa Garavini, ma sonda un terreno già più volte esplorato; mentre un simile potenziale di capacità potrebbe essere orientato più proficuamente altrove, su aspetti della nostra cittadina che finora poco o niente sono stati sviscerati ma che meriterebbero d’essere conosciuti dal grande pubblico, in primis dalla cittadinanza.

Fateci vedere almeno su carta ciò che, invece, concretamente si voleva fare per la nostra città già mezzo secolo fa, se non addirittura prima! Si tratta di una serie di idee e progetti che, se realizzati, avrebbero proiettato in avanti Milano Marittima e anche di riflesso Cervia. Forse queste ricerche non vengono fatte o proposte perché, parallelamente, si dovrebbe spiegare alla gente come mai e per decisione di chi tutta questa splendida progettualità non riuscì ad avere seguito.

L’assurdo di tutto questo ragionamento è che in fin dei conti di queste cose a Cervia se ne è parlato nel 2012, però riguardo ad altre realtà cittadine, tanto da chiedersi: va bene, tutto interessante, ma a noialtri, in definitiva, che ce ne frega?

UNA RASSEGNA DI PROGETTI NON NOSTRI

Mi riferisco alla rassegna tenutasi fra il palacongressi di Milano Marittima ed i Magazzini del Sale dal 25 Ottobre al 11 Novembre 2012 intitolata “Milano Marittima 100′, convegno internazionale”.

Più interessante l’intervento di Chiara Visentin “Temporaneità privata e permanenza collettiva, strutture provvisorie e architetture stabili nei campeggi europei da metà a fine 900″.

Tutto questo per dire cosa? Che se si è trovato modo e maniera di scomodare tanta gente e tante realtà che a noialtri interessano MOLTO relativamente, perché nessuno si dedica a raccontarci la NOSTRA storia non scritta e forse scomoda? Quanti sanno che i rapporti fra la nostra città e i fondatori milanesi non furono così idilliaci come oggi parrebbero?

Lo dimostra il fatto che gli accordi per Milano Marittima cambiarono almeno tre volte, nel 1912, 1924 e 1934, e che ad un dato momento del 1936 Palanti stesso se ne andò vendendo anche la sua villa di Via Toti.

I GRANDI PROGETTI PER MILANO MARITTIMA MAI REALIZZATI

Perché nessuno s’impegna a  fare ricerca storica nel senso più vero cioè cercando cose nuove e non fossilizzandosi sulle stesse? Perché nessuno scrive sui grandi progetti che rimasero lettera morta ma che avrebbero fatto tanto bene alla città? In primis il progetto Vietti-Violi del 1931 commissionato da Anselmo Orti che prevedeva per Milano Marittima una struttura per:

  1. equitazione
  2. golf
  3. calcio
  4. atletica
  5. pattinaggio
  6. ciclismo
  7. pallacanestro
  8. tiro a volo.

Dicono fosse un progetto “troppo ambizioso”: ambizioso per chi? Mancavano gli spazi? Solo oggi si può progettare ecomostri inutili a scapito del paesaggio e del verde? Mancavano i fondi? Allora perché non realizzarne anche solo una parte?

Nel progetto di Palanti del 1912 troviamo che aveva previsto uno spazio sul mare per il canottaggio, che dovrebbe essere un must per una località di mare e turistica. Anche qui, niente, mai realizzato. Vogliamo dirci che dal 1912 non si sono mai trovati i fondi per una struttura simile? Già qui si sfatano i miti di lungimiranza sbandierati oggi!

A proposito di lungimiranza, nello stesso progetto Palanti destinava un lotto che oggi sarebbe alla Terza Traversa, a quello che in Italiano desueto lui indica come “Aerodromo” ovvero un aeroporto! Pensate, già nel 1912 Palanti sentiva l’esigenza per Milano Marittima di un suo piccolo aeroporto! E oggi qualcuno favoleggia di abbattere mezza pineta per fare un eliporto per eventuali magnati russi ed arabi.

Perché costruire un grande maneggio come Le Siepi solo nel 1974 ed in territorio del Comune di Ravenna e non di Milano Marittima? E dove lo mettiamo il progetto di Enzo Prestinenzi per il Porto Canale, che ancora oggi è un problema a livello logistico per Cervia?

E non dimentichiamo i progetti di padre Geremia degli anni 50: sala teatrale, cinema al coperto, salone conferenze, sala per mostre d’arte, stazione radio. Eppure oggi si svia volendosi solo ricordare che padre Geremia voleva il campanile! No cari miei, voleva tanto altro e di pubblica utilità.

La copertina del rarissimo libro con la biografia di Padre Geremia.

PADRE GEREMIA NON VOLEVA SOLO IL CAMPANILE!

Nel libro del 1980 parla di “manifestazioni utili nei momenti più specifici del turismo” quindi non solo interessi “di parrocchia” come si suol dire. Geremia scrive “Sono stati da me richiesti progetti dettagliati ed ho avuto l’approvazione sia sotto il profilo strutturale che dei piani di finanziamento dai miei Superiori e da alcune Commissioni interessate, ma poi?” (…)

“Son stato in trattative con QUALCUNO per LUNGO TEMPO, ma poi?” Ecco, è tutto qui, in quel QUALCUNO.

Facile parlare e scrivere sempre di giardinetti, colonie, pineta, villini, perché non si devono affrontare responsabilità di scelte sbagliate o di occasioni mancate.

Quindi non si fanno nomi e cognomi di chi, oggi, invece ci è sbandierato come campione di lungimiranza.

PER CONCLUDERE

Perché, invece di ricordare sempre “il corridoio di salvataggio” degli ufficiali inglesi non si dedica mai due righe alla generosità della gente del posto nell’accogliere molti sfollati della tragedia del Polesine? Eppure sarebbe una bella pagina di storia cervese da portare alla conoscenza del grande pubblico e soprattutto dei nostri giovani.

Il Conte che non conta

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