“Il corpo così/gelido e silente/sembra dire/sono qui/sono silenziosa/per seguire il cammino”. Giorni fa spontaneamente mi venivano alla mente questi versi di “Una sosta nel cammino” della poetessa bolognese Paola Mattioli. M’aveva appena donato la sua ultima raccolta, lei che già coi genitori viene a Milano Marittima da oltre un ventennio. Ero seduto accanto alla statua della Madonna del Mare sul bordo del Canalino, un opera d’un altro mio conoscente, Alessandro Savelli (fondatore del Telefono Azzurro e simpatico narratore di cose romagnole): le parole s’adattano bene a quello che, per molti turisti, ormai è il “monumento” di Milano Marittima. Posta sul Canalino e non “in cima al porto di Milano Marittima” come ha scritto Angelucci (Voce 18.08.2013) tanti la toccano, si fanno il segno della croce, mandano un bacio: quasi un pendant alla statua (pagana) di “Talassa”, posta sotto la torre San Michele a Cervia, ed inaugurata anni fa manco fosse la Nike di Samotracia. Si il copro è gelido (è in acciaio inox); è una silhouette silente e pare muoversi verso il nostro mare, e seguire il Cammino per eccellenza: quello della Fede (del quale Maria è maestra). Nella vecchia Milano Marittima se negli hotels si lasciavano laute mance al personale, noi residenti amici spesso ricevevamo souvenirs di vario genere come quadri, libri e altro da parte dei turisti-ospiti. Adesso è più facile che chiedano i soldi indietro magari per un po’ di alghe (stampa locale del 5.08.2013) che non sono certo produzione voluta. Personalmente ricordo i “gialli” donatimi dall’autrice Giuliana Frandi Devoti, che da tutta la vita viene al “Ridolfi”. Dei miei amici hanno ricevuto proprio giorni fa un libro scritto da una notissima conduttrice della tv locale con la dedica “amici estivi ma sempre presenti” che è tutto un programma (termine azzeccato, è una conduttrice no?). Altri adesso ci lasciano “ricordi” di ben diversa natura, i più innocenti sono i lucchetti incatenati alla Rotonda Primo Maggio scambiata, questa, per il pendant di Ponte Milvio a Roma! Chi ci ha lasciati per sempre è stato il Cardinale Tonini. 23 Maggio 2009: la data dell’ultimo atto che abbia visto il porporato protagonista in quel di Milano Marittima proprio quand’è venuto ad inaugurare e benedire la suddetta statua del Canalino. Boffo ha definito Tonini “un profeta”. Tonini “sentiva” il suo tempo, ma sapeva guardare lontano, verso l’infinito, come la Madonna del Canalino. Nel suo discorso quaresimale del Marzo 1976 disse “Se lasciassimo dare ai Ravennati soltanto amplissime strade e bellissime case, e non dessimo loro anche chiese dove i bimbi imparino a ricevere Dio, avremmo dato poco, gli mancherebbe il più”. Quanto è vero! In una città che vuol considerarsi davvero VIVA (e Cervia vuol diventare una “smart city”, anche se a mio avviso lo era già molto negli anni 70/80 poi c’è stato un salto all’indietro) c’è bisogno anche di altro rispetto a case, uffici, parcheggi e palazzoni futuristici. Ci vuole il senso identitario, comunitario, insomma ci vuole l’anima! Sentirsi tutti parte e partecipi di una realtà collettiva, tutti nello stesso “cammino” (torno alla poesia di Paola). Un esempio è dato da una recente intervista (cfr. Carlino 05.09.2013) a Omero Canali “Gli operatori arrivano ad inizio Estate, s’adattano a quel che trovano, improvvisano, poi finita la stagione se ne vanno e non ci pensano più fino all’anno dopo. Non c’è progettualità, e così la località rimane senz’anima”. E’ quello che io ho già detto e scritto TANTE volte anche riguardo a Milano Marittima la bella senz’anima (e qui mi rifaccio a Cocciante), dove ormai gli imprenditori non ci vivono più come prima perché o si sono fatti la casa e villa altrove, o vengono da fuori Cervia, e quindi vedono Milano Marittima solo come un posto di lavoro, un ufficio: si può “sentire” come “casa” un posto solo di lavoro? Quanto alla progettualità parliamoci chiaro, chi propone è spesso inascoltato. Tanti cambiamenti, anche snaturanti spacciati per mero “progresso” ci portano a vivere lo stesso disagio di chi, come in un noto film, un mattino si alza e si ritrova a vivere dentro un corpo che non è il suo. In un’altra recente intervista, Stefano Bartolini (cfr. Carlino 10.08.2013) protagonista del turismo di Cesenatico e quindi buon conoscitore della nostra realtà, ha detto “Non andrei a scimmiottare Miami, punterei sulle nostre unicità”. Giusto: la gente che è sempre venuta qui cercava la nostra anima, la nostra unicità. Palazzoni e negozi omologati stile ipermercato, uno se li trova anche a casa propria, sia a Milano, a Palermo, a Mosca, a Berlino. E’ vero che qui i turisti trovavano tante belle cose, ma in primis cercavano e trovavano un rapporto tra persone: sole, mare, pineta, negozi e buona cucina venivano dopo. Questa era l’anima e la molla del nostro turismo e della nostra realtà. La tanto decantata ospitalità romagnola si doveva in primis al savoir faire degli operatori, che magari manco sapevano il tedesco, eppure per mezzo secolo hanno fatto venire qui mezza Germania in vacanza.
Un tempo le città e i paesi erano costruiti per la gente che ci viveva e non per essere campi d’azione di archistar più o meno “immaginifiche”, delle lavagne su cui sbizzarrirsi. Testimonianza dell’attenzione che, un tempo, si aveva proprio per il legame cittadini-città-ambiente circostante, è data dalla formula di investitura che i Vescovi di Cervia fecero 5 secoli fa. Investendo i cittadini della pineta! Nella “Storia della Chiesa di Cervia” (a cura di M.Mengozzi, 2003 pagina 107) leggiamo “Il secondo Papa mediceo diede segno di grande benevolenza alla diocesi col SALVAGUARDARE l’integrità della pineta che dichiarò bene demaniale (…) A sua volta il 17 Marzo 1532 Ottavio Cesi (Vescovo di Cervia, ndr) ne investì il Comune E GLI UOMINI DI CERVIA”. Quindi, il Vescovo diede ai cittadini cerversi padronanza della pineta con relativa RESPONSABILITA’, il che riflette una mentalità poi finita, ma che si sta riscoprendo… In un altro discorso Tonini disse “Occorre sperimentare dentro di sé quella SENSIBILITA’ TUTTA PARTICOLARE DELL’ARCHITETTO e dell’artista. Egli NON può essere un COMMERCIANTE”. Ieri il noto architetto Rafael Moneo (Premio Pritzer 1996) ha tenuto una “lectio magistralis” al CERSAIE di Bologna. Titolo della lezione “Gli edifici non sono oggetti”. Come dice un articolo sull’artista (Repubblica Bologna 15.09.2013) egli progetta infatti edifici che dialogano e si integrano coi luoghi dove sorgono, fino a CONDIVIDERNE L’IDENTITA’ (ecco tornare le profetiche parole di Tonini sulla sensibilità dell’architetto). Dice Rafael Monea “Chi disegna case e città ha il dovere ed il privilegio di integrarli nel contesto”. Un vecchio proverbio dice “Val più la pratica che la grammatica” alias i fatti più di tante parole! Don Ciccillo (stretto collaboratore di Tonini) ha detto “Non trasformiamo Tonini in un santino è vitale dare piena concretezza ai suoi insegnamenti”. Questo è ciò che ha detto Moneo, e un parallelo fra cattedrali di Fede e cattedrali di Cemento faceva risaltare ancor più di quanto diceva in un’altra intervista apparsa su Repubblica in cronaca di Bologna Venerdì 30 Agosto 2013 intitolata “Cucinella e i casi Minganti e Bolognina”. Cucinella è l’architetto che ha firmato il progettone del terzo grattacielo di Milano Marittima. Dice Cucinella che “l’epoca delle speculazioni è finita. Meglio fare spazi sociali o demolire”. Bisogna aver anche il coraggio di PIANTARE ALBERI”. Bella questa grammatica! Ma la pratica? Se l’architetto non deve speculare perché a Milano Marittima volete farci un casermone con centinaia di appartamenti ed inutili negozi? Nella stessa intervista, Cucinella afferma anche di più “Bisogna riappropiarsi di Bologna”. Bravo anche qui. E noi, possiamo riappropiarci di Milano Marittima?
Il Conte che non conta
Grazie per il ricordo. Continuo a frequentare Milano Marittima anche se con il rimpianto degli anni passati.
Giuliana Frandi Devoti