Ho appena appreso (Carlino 16.2.2013) che il conduttore di “Voyager” dovrebbe venire a presentare qua il suo ultimo libro. Veramente, con tutte le stronzate che si leggono e si sentono su Milano Marittima, si potrebbe fare un enciclopedia per “Kazzenger”, la sua parodia. Per esempio, ho nelle orecchie lo spot radio che pubblicizza un locale dove viene servito un aperitivo “in stile Milano Marittima”, oppure certe fashion-victims che dicono “sono vestita da Milano Marittima”, quali siano gli ingredienti di tale aperitivo o i vestiti che fanno subito individuare se uno è di Milano Marittima, francamente sfugge e forse davvero servirebbe un’inchiesta di “Cazzenger”. Una volta mentre passeggiavo per Viale Gramsci con un simpatico bastardino, una ragazza vestita da Milano Marittima, mi disse un po’ schifata che il mio non era un “cane da Milano Marittima”. Anche senza essere iscritti all’E.N.P.A. di sicuro possiamo dire questo: a Milano Marittima il Pedigree dei cani è quasi sempre inversamente proporzionale a quello dei padroni. Le famiglie più in vista e blasonate della vecchia e solida élite si distinguono dai “nuovi” proprio perché da sempre hanno in casa cagnetti d’incerta o nessuna razza, indecifrabili bastardini, magari trovatelli o cani adottati nei canili lager del sud. Il giorno 5 Febbraio Sotheby’s di Londra ha venduto il ritratto che Dalì fece alla leggendaria miliardaria americana Mona von Bismarck, la cui fortuna negli anni attorno al 1920 era calcolata in 600 milioni di dollari. Regina dell’alta società internazionale, girava per Capri con un bastardino rossastro: con tutti i suoi miliardi avrebbe potuto permettersi mute di Levrieri, invece. L’indecifrabile meticcio fu battezzato dai cinofili “Capri’s Terrier”. Qui, che siamo molto più alta società, il mio indecifrabile meticcio è stato bollato “cane non da Milano Marittima”. Questo episodio dimostra a quale livello di stupidità e distorsione mentale siamo arrivati dopo un decennio di bombardamento continuo di cazzate vip, glamour e fashion. Nei giorni passati s’é ricordata la morte di un’altro miliardario icona di stile: Agnelli. Visto che siamo (meglio dicono che siamo) “la capitale nazionale ed europea del turismo 5 stelle” (Carlino 20.4.2011) “una località ricercata dai miliardari” (Carlino 18.11.2012) In quanto “capitale indiscussa del jet-set”, cosa potrebbe fare oggi Agnelli a Milano Marittima 2013? La domanda non è campata in aria, perchè nel passato vari suoi congiunti a Milano Marittima venivano spesso, come i conti Nuvoletti-Perdomini e Teodorani-Fabbri (cognati) la contessa Campello e il duca Torlonia (nipoti).

Ebbene, i bar più prestigiosi sono spariti: La Perla, Lo Sporting, il Cluny Bar, il Nuovo Fiore, La Caffetteria e il Caffè Martini. E’ improbabile che un simili-Agnelli possa sedersi sui trespoli dei bari di strada. Com’è impossibile immaginarlo agli Happy Hour a sbraitare sui lettini. Per fortuna è rimasto L’Ottocento, che nonostante il nome, ha una storia relativamente più recente. Impossibile ammazzare il tempo andando a giocare a Tennis o andando a cavallo. I nostri due prestigiosi maneggi, Le Siepi, e Mare Pineta, sono il primo chiuso ed in vendita e l’altro sostituito da palazzine. Quanti ai campi da Tennis che, fino agli anni 90 pullulavano, sono quasi tutti spariti sempre per fare appartementi o parcheggi: solo alla Settima Traversa ne sono spariti tre. Un po’ irritato Agnelli vorrebbe sfogare con un altro sport da “signori”, il Tiro a Volo, ma anche questo sport ha da tempo dato forfait a Milano Marittima. Quando si finisce depressi, si mangia. Peccato che anche in tale ambito blasonati professionisti del calibro di Plazzi della Brasserie e Bolognesi della Frasca abbiano gettato la spugna, pardon il mestolo. E nel 2013/14 altri colleghi di ristoranti storici potrebbero imitarli (Corriere 23.10.2012). Nell’intervista al Carlino del 13.9.2010 Bolognesi (ricalcando analoghe interviste di Luca Goldoni, Peppino Manzi ecc) affermava “Qui mancano locali per persone che amano il bello, servono qualità e stile, invece ci sono solo chiasso, rumore e confusione. Non esistono solo i quindicenni e i ventenni, ci sono anche persone che gradirebbero uscire la sera ed avere un piano bar, un club, insomma un luogo piacevole”. Invece apprendiamo (Voce 9.2.2013) che per qualcuno lo streetfood delle piadinerie è il “vero e proprio biglietto da visita della città” anzi “elemento strategico di promozione”. Domanda: ma come può una cittadina che si vuole glamour e capitale del turismo d’élite, avere poi come elemento promozionale e distintivo, biglietto da visita, nelle piadinerie? Se qualcuno definì la piada “cibo degli Dei”, nessuno oserà dire che sia anche il cibo caratterizzante dei vip: davvero non m’immagino Carolina di Monaco o Lady Diana con piade e crescioni in mano o a discettare se sia meglio metterci lo strutto o l’olio di Brisighella. Non ci risultano simili chioschi in altre località turistiche fashion e del jet-set tipo Gstaad, Cortina, Capri, S. Moritz. Chi scrive è rimasto ad ostriche, caviale ed aragoste, ma evidentemente del glamour di Milano Marittima non capisce niente. Per fortuna, sulla Rotonda affaccia un blasonato ristorante di pesce, che quest’anno ha pure aumentato i prezzi, da 11 a 12 euro: si sa che a Milano Marittima i prezzi sono un po’ proibitivi!

“Milano Marittima compie 100 anni e si fa bella: il glamour romagnolo villeggia qui, tra hotel ridisegnati, gelaterie storiche, concerti e party” questa era una delle frasi che si potevano leggere su “Style” n.7-8 Luglio Agosto 2012, il supplemento al Corriere della Sera. Già dire che Milano Marittima “si fa bella” per il Centenario, è quasi dire che prima non lo era. Tralasciando da chi sia rappresentato questo “glamour romagnolo” villeggiante, si vorrebbe sapere dove si sono tenuti tutti questi concerti e party. Si vorrebbe anche sapere dove l’articolista ha visto le “gelaterie storiche” di Milano Marittima, hanno chiuso tutte. Ma l’articolo riserva altre sorprese, “L’atmosfera d’inizio Novecento ricorre ancora oggi nei decori moreschi e nei dettagli neogotici di molti palazzi del centro e nella fontana delle Quattro Colonne realizzata da Palanti nel 1912″. Ancora ho delle domande: cara giornalista, che tra l’altro scrivi per il quotidiano più famoso d’Italia, ma ci sei stata davvero a Milano Marittima? Dove li hai visti i decori neogotici e moreschi? Dove sono i “molti palazzi del centro”? Da quando la Rotonda 1° Maggio ha 4 colonne? E perchè sarebbe opera di Palanti del 1912 quando invece fu fatta nel 1928 dalla ditta Savini? E’ mai possibile accumulare in poche righe così tante imprecisioni ed invenzioni? L’articolo, che si vuole pubblicitario, è anche corredato da una foto del vecchio ristorante Kalumet. che da anni non c’è più. Quindi, un’altra imprecisione, pubblicizziamo ciò che non c’è più.

Altrove la sostanza c’è invece. A San Remo per esempio sono ancora ben 400 i villini storici protetti. Basta girare per Milano Marittima, specie in Viale Matteotti, per vedere che fino hanno fatto non pochi villini Liberty. Ed i nostri non sono certo iscritti (purtroppo) all’A.N.D.E.L. (Associazione Nazionale Difesa Edifici Liberty). A leggere l’articolo di “Style” più che a Milano Marittima pareva d’essere a Roma, in Piazza Mincio nel quartiere Coppedé, dove effettivamente vari stupendi edifici Liberty fanno da corona alla piazzetta, meta notturna dei giovani come la Rotonda 1° Maggio. E come vicino alla Rotonda noi abbiamo lo storico “Pineta”, presso Piazza Mincio loro hanno lo storico “Piper”. I parallelismi si fermano qui. A Milano Marittima c’è solo una villa che è rimasta tal quale fu concepita e recentemente oggetto di un intervento d’encomiabile filologico, ed è la villa Wanda che fu della contessa Malagola, in Rotonda Don Minzoni.

Ma c’è di peggio di chi ci racconta di ciò che non c’è, si tratta di che vuol farci credere che ha portato a Milano Marittima qualcosa che prima non c’era. Il “gioco” può anche essergli facilitato dal fatto che molta gente ha la memoria corta, e che ormai i residenti “storici” sono pochissimi e non hanno voce. Un architetto che è all’origine di un megaprogetto che ormai da mesi sta facendo discutere la città, ha detto ai giornali (cfr. La Voce 5.1.2013) che la sua opera porterà a Milano Marittima “una nuova piazza verde e pedonale dove camminare”, socializzare, prendere un caffè” per non direi dei trenta negozi e dei duecento appartamenti. A leggere questa cosa, a prescindere se si sia o meno favorevoli all’ennesimo palazzone di cemento, viene da chiedersi: prima di questo progetto mancavano a Milano Marittima “piazze verdi” dove camminare? Mancanvano luoghi pubblici dove socializzare e bersi un caffè? Si potrebbe pensare che prima qui ci fosse il deserto, o no? In cento anno (1912-2012) come abbiamo vissuto d’estate e soprattutto l’inverno? Nelle capanne all’ombra dei pini? Forse qualcuno pensa che a Milano Marittima, oltre agli smemorati, abitino solo i Puffi e Biancaneve ed i Sette Nani? Quanto ai trenta negozi, che dire? Già quelli sotto al grattacielo Royal Palace, che l’architetto Berardi già definiva un palazzone (Voce 4.1.2013), non hanno mai fatto fortuna, non si vede perché dovrebbero averne quelli nuovi della Prima Traversa. E’ risaputo che il viale commerciale di Milano Marittima è il Matteotti, con la propaggine del Gramsci. E anche i viali limitrofi, pur in posizione liminare al centro, cioé i viali Ravenna e Forlì, non hanno mai avuto fortuna come assi commerciali. Perchè quindi la gente dovrebbe arrivare fino all’incrocio tra la Prima Traversa e il 2 Giugno non si sa. E’ altresì sotto gli occhi di tutti quelli che conoscono la storia commerciale di Milano Marittima, che anche Viale Matteotti ha le sue differenze, perché quasi tutti i negozi sono posizionati nel marciapiede lato mare. Sul marciapiede lato pineta praticamente non ci sono negozi, se non dal Canalino alla Rotonda. E’ sempre stato il marciapiede deputato ai ristoranti, vedi Notte e Dì, Gallo Cedrone, Pallino, Baya, Touring, Pescatore.

Infine, riguardo la “piazza verde” promessa, già c’era in quel punto e bella grande, basta visionare questa foto d’epoca che ci mostra una vasta distesa verde.

Kazzenger

Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi

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