Ancora oggi fedele all’abitudine delle vecchie famiglie di Milano Marittima d’evitare la massa del weekend, la Domenica o sto in casa a leggere (molto cool) o vado a far visita (molto esclusivo). Domenica mattina del 30 Giugno ero proprio a casa d’una cara amica, la contessa di Presenzano. Mente le raccontavo come la contessa di San Florian avesse evitato il nubifragio su Riccione essendo in Toscana dai cugini della Gherardesca (molto glamour) e commentavamo i recenti decessi di Maurizio D’Assia, della marchesa di Bagno e del conte Cosimo Fabri-Guarini (la nostra community) ci siamo accorti che ci mancava il caffettino accessorio al potin (un must) quindi ci siamo portati nel vicino bar e, mentre lei rispondeva alla chiamata di un’altra nostra amica (nipote del marchese Diotallevi committente luxury dell’arch. Focaccia) sfogliavo il Resto del Carlino. Ad un certo punto ho iniziato a ridere davanti a tre ragazzotti stupiti. Del resto, a Milano Marittima si può ridere (anzi schiamazzare) solo di notte (molto fashion); se ridi di giorno quando non sei sotto l’effetto di alcolici e d’altro (che fa molto vip) ti guardano male. “Dalla pineta spunta la Venere” il titolo del pezzo (molto location). Leggevo a mezza voce (la signorilità si misura anche in decibel) per renderne partecipe anche la mia amica, sempre più perplessa, da rimane con la brioche in mano a mezz’aria (molto trendy), man mano che procedevo nella lettura di questo scoop degno di chi si è laureato in storia del giornalismo, roba da far invidia a Montanelli. “Si tratta d’una statua ritrovata, di cui in realtà non si conosce né il nome né l’identità del suo autore. Tutto quello che si sa è che era stata dimenticata da tutti e ricoperta quasi completamente dalla vegetazione…”. Invero , MAI nessuna vegetazione ha MAI ricoperto l’opera; né MAI è stata dimenticata, perché da tutti visibile sul ciglio d’una strada frequentatissima davanti ad una frequentatissima scuola. Quanto al “senzatetto della pineta”, a meno che non lo so di volesse proporre come autore, era un barbone triestino, sedicente ex attore, che dormiva in una baracca (molto minimal chic, rispetto ai ragazzi del weekend che dormo in auto) e che girava per i negozi chiedendo carità e vestiario e preferendo le boutiques delle traverse (più di qualità) dato che in centro certo “mitici” negozi vendevano ancora Benetton. Era diventato un vero “personaggio”, conosciutissimo da residenti e turisti. Si chiamava Mario T. e di certo si sa che militava nella Polizia di Stato a Ravenna. Lasciato, pare, dalla moglie, cominciò ad avere problemi che portarono al suo allontanamento dall’arma. Venne impiegato a Cervia presso l’Ufficio di Collocamento (bastava chiedere al suo capo Eugenio Modanesi). Nonostante gli avessero trovato posto alla “Busignani”, tornava sempre nella baracca da dove l’avevano allontanato, nella sua amata pineta di Milano Marittima dove un mattino morì (vicino alle Mazzini). A fare il riconoscimento del cadavere su Angelo Modanesi che essendo il nostro postino, passava di lì per lavoro. La VERA storia di Milano Marittima non è MITICA come dice l’articolo, i miti sono invenzioni o realtà condite con la fantasia come quell’articolo. La VERA storia di Milano Marittima chi scrive la conosce anche non avendo scritto libri e, come ho sapere alla testata, già tempo fa mi ero occupato di questa “Venere”, dando al pubblico di “Cervia e Milano Marittima” tutte le debite informazioni. Nell’articolo riguardo all’artista si dice “di cui non si sa più niente” NO! E’ chi ha firmato questa perla di giornalismo d’inchiesta a non sapere niente, facendo del resto coppia con un’altro personaggio il quale, riguardo la vera ed approfondita storia della nostra città merita solo il titolo di NULLOLOGO, cioè uno che non sa quasi niente di quasi tutto.

L’artista dell’opera è Aldo Arcelli da Ferrara, parrucchiere (e non barbiere come ripetuto poi nell’articolo di Martedì 2 Luglio 2013) e per hobby artista poliedrico. Era un “personaggio” ed i personaggi è difficile scordarseli. Comunque, la prima a ricordarlo bene è la madre di chi scrive. Aldo ne era affascinato, la voleva come sua modella per quel suo “viso antico”, come diceva lui. Era un ottimo parrucchiere, il primo nel Dopoguerra presso il salone del Mare Pineta. Smise quasi subito, forse per divergenze caratteriali con il commendator Sovera; forse perché questi imponeva che chi lavorava in hotel poi non esercitasse fuori (Aldo aveva un salone anche a Ravenna). Fu sostituito da Fernanda Benzi. In seguito anche lei, col marito barbiere Gilberto, decise d’aprire un’attività accanto all’hotel Belvedere, ed il Sovera si arrese. Le promise che le avrebbe mandato i suoi clienti e, soprattutto che non avrebbe più assunto parrucchieri in hotel. E mantenne la parola. In seguito vennero altri parrucchieri, come il forlivese Giorgio Zani accanto alla Perla, ma Aldo era il più quotato, sempre però dopo Armando Ponti di Cervia. Chi oggi volesse ricordi di “prima mano” di Aldo non deve far altro che recarsi in Viale Dante presso la parrucchiera “Euforia”: la titolare Donatella Forastieri è stata allieva proprio di Aldo. C’è ancora chi lo ricorda, invece, uscire all’improvviso dal Circolo Bridge in preda all’estro creativo! Questa vicenda, questo verto “segreto” di Pulcinella, mi offre il destro per ricordare altri artisti davvero dimenticati o del tutto sconosciuti, che hanno avuto un legame con Milano Marittima e che s’aggiungono alla lista di artisti più che altro per hobby che già ho esposto in questa sezione del Blog, dandone una lista abbastanza esaustiva. Del resto, da tempo ormai non si va molto oltre Werther Morigi e Onestini, la cui vedova mi fa sempre grandi feste ricordando il passato quando il marito popolava con le sue opere il giardino della villa presso il Canalino. Trattasi di due donne: la prima è Caterina Baratelli, nata nel 1903 a Cesena e morta nel 1988 a Rio de Janeiro, amica e allieva di Palanti. Il suo ritratto è usato come copertina del libro sulla mostra tenutasi ai Magazzini (“Il vestito turchese”, 1928). E, come in un gioco di scatole cinesi, Caterina Baratelli mi offre un ‘altra digressione per parlare di un altro personaggio di Milano Marittima che avrebbe meritato più fama.

Pennellate di penna e di pennello
Al centro, Suor Paola, con due consorelle davanti alla Villa di Milano Marittima

Fra il 1947/48 Suor Paola Donati, di ricca famiglia senese, costruì una villa alla III Traversa e prese una concessione in spiaggia per portarci i “suoi” bimbi poveri. Custode era Augusto Cicognani, zio del mitico edicolante Neddo; bagnino era Medri, il babbo del sindaco Massimo. Morì nel 1975, ma fino alla morte (ed era ormai in sedia a rotelle) continuò a portare a Milano Marittima i suoi bimbi. Andrebbe ricordata con una targa, perlomeno. Un’esperienza che ricorda molto da vicino quella della celebre Josephine Baker. Molti, infatti, i punti in comune. Anche la Baker comprò nel 1947 un posto per i suoi bambini adottati (il castello di Milandeis in Dordogna); anche la Baker vi spese molto del suo pur ingente patrimonio; anche la Baker chiuse l’avventura nel 1975 (con un galà per raccogliere nuovi fondi). Sua sorella, Gemma Donati, sposò un Porcelli, erede dei marchesi Romagnoli di Cesena e da tali nozze nacque Enrica Porcelli, chiamata poi “la contessa Baratelli” unendo il titolo avuto al cognome maritale.

Pennellate di penna e di pennello
La Contessa Enrica Porcelli con i nipoti. Foto Baratelli

Un suo ritratto a matita, attribuito a Palanti, era nell’estate 2012 esposto nella vetrina di un negozio d’antiquariato della Rotonda Primo Maggio con la didascalia “La Contessa BALOTELLI”; inutile dire quale e quanta fu la mia ilarità nel leggere quest’ennesima castroneria. Invero, peggio andò tempo fa al principe Torlonia di Civitella Cesi, il cui titolo fu trascritto “Principe di Civitella Cessi”: avevo la metà degli anni che adesso, ma rido ancora! Enrica, spesso nella villa di Milano Marittima, aveva sposato Angelo Baratelli la cui ricca famiglia già nell’800 possedeva vasti terreni a Cervia. Era il fratello della talentuosa Caterina. Cesena le ha dedicato una strada, Cervia potrebbe farlo (dato che la toponomastica “al femminile” è deficitaria, ed era amica e allieva di Palanti). Angelo ed Enrica sono i nonni di Angelo Baratelli junior che con me ha fatto il chierichetto alla processione della Madonna del Mare per il Centenario. Angelo portava il vessillo parrocchiale, io ero alla destra del Cardinale Tettamanzi (a sinistra c’era il Vescovo Verucchi). Io ed Angelo abbiamo avuto anche una baby-sitter comune.

Ma veniamo alla seconda pittrice. Quand’ero bambino, la strada (e la zona) dove abito tuttora era la più aristocratica di Milano Marittima e non come oggi, piena di arricchiti e di arrivisti. Fra i miei ex vicini (chiamiamoli così!) c’erano i conti Dall’Aste Brandolini di Forlì. Dire “di Forlì” non è esatto, perchè di Forlì è il casato, mentre tutti i membri erano, infatti, nati e vissuti in tante e diverse parti del mondo, come capita alle famiglie famiglie dei diplomatici. Il conte Cesare era nato a Cardiff. Nel 1970 erano stati fra gli italiani cacciati da Gheddafi e la vecchia contessa Luisa, innamorata del clima della Libia, si lamentava spesso del caldo umido di Milano Marittima. Angelo, il padre di Cesare, anche lui diplomatico, aveva fatto studi d’arte, ma l’artista “vera” era la madre, Maria “Mitzi” Durando Dall’Aste Brandolini (1876-1965) che aveva per zio il Beato Marcantonio Durando. La sua opera pittorica è disponibile oggi in un sito curato dalla nipote (figlia della figlia Adele, sorella di Cesare) la Contessa Angelica Matarazzo de Benavides, che vi consiglio (la quale è cugina di Pignatelli come me, la contessa di Presenzano ed i Bartolini Salimbeni della 1 traversa. Papa Pignatelli volle Cervia Nuova).

Caterina e Mitzi non furono nè Rembrandt nè Caravaggio, ma vi sorrideranno gli occhi per un tripudio di cromatismi.. e non perché avete letto certe cazzate!

Il Conte che non conta

Una risposta

  1. Cara marchesa la ringrazio per le belle parole è per me una grande soddisfazione poter essere “utile” a conservare la memoria storica dei vecchi residenti che troppe volte viene messa da parte dai nuovi arrivati e purtroppo anche da chi dovrebbe tutelarla a livello politico e storico. Per quanto riguarda la storia di suor Paola e la parentela Porcelli, mi sono rifatto ai racconti dei miei amici Pietro, Giovanna ed Angelo Baratelli che sono suoi parenti e abito ancora in una villa alla Terza Traversa.
    Saluti, Ottavio Ausiello-Mazzi

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