Milano Marittima era uno stile, non era una moda, tantomeno era vip e meno ancora lo è adesso. Era una Signora frequentata da Signori.
La categoria vip, che fra l’altro oggi tanto facilmente si applica a qualsiasi scalzacane o zoccoletta dopo una comparsata tv in programmi di basso livello, non esisteva. Ricordare (anche se con le migliori intenzioni) la Milano marittima che fu e parlare di vip è assolutamente improprio ed antistorico, come lo è ostinarsi a chiamare il Woodpecker discoteca quando invece era un dancing. Fra l’altro, oggi i sedicenti vip cercano spasmodicamente passerelle e occasioni per il loro clownismo mondano, invece i veri Signori di ogni tempo, compresi quelli di Milano Marittima, cercano e cercavano l’opposto: il basso profilo. I sedicenti vip vengono a Milano Marittima solo se tutto è spesato e non lasciano soldi loro, mentre i veri Signori che venivano a Milano Marittima hanno ampiamente contribuito al benessere di tutti gli esercenti.
I VIP DI GIOLO FOSCHI? I TEDESCHI!
Giorni fa mi hanno girato un articolo in cui veniva ricordato un vero personaggio di Milano Marittima, Giolo Foschi, la cui famiglia si legò a Milano Marittima dal 1948, tre anni prima della mia, e del quale anch’io ho parlato in quanto l’ho conosciuto, così come ho conosciuto i figli e i nipoti. Già, perché io parlo del mio paese e della sua gente a ragion veduta, perché ho alle spalle fior di vissuto, non sono di quelli che hanno la presunzione di parlare e straparlare di Milano Marittima solo perché ci fanno un weekend o la vacanzina da qualche anno o di quelli che avendo appena piantato fresca radice hanno l’arroganza e la prepotenza di dire chi può parlare e come parlare su Milano marittima. A parte questo, la famiglia di Giolo si legò ai destini di Milano Marittima nel 1948, mentre la mia dal 1951
L’articolo a firma G.R. lo ricordava come il calzolaio dei vip, e questo non mi è piaciuto affatto, tutto il resto si. A Milano Marittima non abbiamo assolutamente mai parlato di vip, non era nel nostro linguaggio. Non era nella nostra way of life. Addirittura anni fa, per un’ordinazione alla Stella Maris, ci fu un brutto articolo intitolato “Si fa frate nella chiesa dei vip”. Quasi offensivo per chi come i frati francescani sono da ottocento anni il simbolo dell’umiltà.
Era la Milano Marittima dei Montezemolo, Ferruzzi, Lamborghini, Ferrari, Marzotto, Crespi, Inghirami, Treccani, Colussi, Giulini, Rusconi e tanti altri illustri cognomi (conoscenze della mia famiglia) non certo usciti dal Grande Fratello o da Uomini e Donne.
Fra l’altro Giolo, ovvero Terzo, il cui fratello minore Italo (venuto a mancare la settimana scorsa) ha gestito per anni la boutique Alexander in Rotonda Primo Maggio e prima ancora la pompa di benzina che era in angolo fra Viale Matteotti e il Nullo Baldini, era il calzolaio non dei vip ma soprattutto dei tedeschi e di noi residenti, poiché stava aperto anche d’inverno. Ricordo bene come vendesse moltissimo ai tedeschi che sapevano di trovare da lui la qualità della calzoleria italiana tanto rinomata.
IL MARCHIO MILANO MARITTIMA
Questo mi fa ricordare un episodio, uno dei tanti, che vi fanno capire come ultimamente certe stupidaggini abbiano traviato la mentalità in zona. Capitò un’estate che uno di quei campagnoli che specialmente il weekend allignano in massa qui da me “vestiti da Milano Marittima”, come dicono loro, notò che nelle mie ciabatte artigianali era impresso “Milano Marittima”.
Fregandosene del nome del negozio altrettanto impresso, nonché dell’effettiva qualità della calzatura, iniziò a chiedermi di vendergli assolutamente quelle ciabatte marchiate Milano Marittima che, essendo ormai vecchie ed introvabili, erano per lui anche più appetibili. Ecco, questo è il cervello del 90% dei nuovi frequentatori della località e non sto esagerando.
Basta farcire pubblicità, articoli di giornale, libri con parole come vip, fashion, glamour, esclusivo, ed il gioco è fatto, la calata in massa di un certo turismo è assicurata.
A proposito, poi ovviamente non ho venduto nulla al tipo, che comunque si consolò comprando un paio di costosissime ciabatte Dolce e Gabbana nelle quali però non c’era impresso il nome feticcio tanto caro a un numero incredibile di pirletti.
Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi