seconda guerra mondiale Archivi - Il blog di Cervia e Milano Marittima

Il racconto del sopravvissuto alla strage del Caffè Roma

La strage fascista avvenuta al Caffè Roma nel racconto di Eugenio Cecchi, figlio di un sopravvissuto.

Ringraziamo Eugenio Cecchi per l’accurato racconto della strage del Caffè Roma, una delle pagine più nere di storia cervese. (qui, invece, trovate la ricostruzione dei fatti da fonti letterarie).

ANTEFATTO

Dopo l’8 Settembre del 1943, mio babbo Cecchi Giovanni, scappando da Udine dove faceva il servizio militare in Artiglieria, era tornato a Cervia, a piedi e con mezzi di fortuna fra cui anche una bicicletta senza copertoni, viaggiando quasi sempre di notte per sfuggire ai posti di blocco e ai rastrellamenti dei tedeschi, con un suo commilitone di Russi.

Rimase nascosto per diversi giorni a Lido di Savio in un capanno di frasche in pineta usato come ricovero per le pecore, era poi tornato a Cervia per aiutare Eugenio Tassinari, che aveva sposato sua sorella ed era rimasto vedovo prima della guerra con tre figlie, nel mulino e nel forno che aveva in Via Ospedale

LA STRAGE DEL CAFFÈ ROMA

eccidio del caffè roma

Il Caffè Roma in Piazza Garibaldi a Cervia

La sera di Lunedì 20 Marzo si erano dati appuntamento al Caffè Roma per prendere un caffè prima di andare a lavorare al forno. Mio babbo, entrando da Porta Cesenatico, aveva notato un movimento di automezzi fascisti e dei militi delle Brigate Nere che stazionavano nel Corso presso l’albergo Allegri. Pensò ad un’azione di controllo dei documenti, ma tutti e due, in quanto fornai, avevano il permesso per circolare anche di notte ed erano abbastanza tranquilli. Solo in seguito venne a sapere che, in circostanze peraltro mai chiarite, c’era stato un conflitto a fuoco nel quale aveva trovato la morte il milite fascista cervese Meldoli, e che da alcune ore era arrivato a Cervia un gruppo di fascisti delle Brigate Nere provenienti dalla Rocca delle Camminate, con quali compiti e scopi anche questo non è mai stato chiarito.

Né prima di entrare, né quando era già all’interno del Caffè Roma ricorda di aver sentito spari o detonazioni, quindi non trova credito la versione che attribuisce la morte del milite fascista al lancio di una bomba a mano ad opera di ignoti. Una ricostruzione dei fatti dice che i fascisti, per reazione all’uccisione di un loro milite, avvenuta poco prima nel Corso, decisero di effettuare una immediata rappresaglia. Si diressero verso il Caffè Roma e, aperta la porta, spararono una raffica di mitra a ventaglio dentro il locale.

Ad essere colpiti furono Eugenio Tassinari (Eugenio e non Gino come riportato da “Cervia ore 6” a pag. 95) Aldo Evangelisti, Attilio Valentini e Gianni Venturi.

eccidio caffè roma cervia

Mio babbo, molto esile di corporatura, che si trovava al banco del bar con a fianco Tassinari, rimase miracolosamente illeso ma fu travolto dal corpo di Tassinari e cadde a terra fra i morti e i feriti e coperto di sangue, e lì rimase in quanto fu creduto morto.

I fascisti, almeno due, fra cui Gino Casalboni, l’autore della strage che mio padre conosceva di fama come “una canaja” (una canaglia), sempre dalla porta, esplosero una seconda raffica per finire eventuali feriti, poi, dopo aver chiuso la saracinesca, si allontanarono. Solo allora mio babbo, scavalcando i morti, riuscì a fuggire passando da una porticina sul retro del locale che dava in un piccolo passaggio interno. Una volta fuori dal locale sentì le voci dei fascisti che erano ancora presenti in forze nella piazza e nel Corso, vide anche un automezzo che perlustrava le strade del centro, quindi non riuscì a fuggire verso la sua abitazione che era sulla statale che andava a Cesenatico, ora Via Caduti per la Libertà, ma si diresse verso il forno e si nascose nel ripostiglio sul retro del mulino, affacciato sul canale, dove conservavano delle fascine di legna coprendosi con queste.

Anche nei giorni successivi rimase nascosto nel timore di essere rastrellato dai fascisti che effettuavano i controlli sui movimenti delle persone che entravano e uscivano dal centro di Cervia. Fu aiutato da sua sorella Maria che, non vedendolo tornare e informata su quanto era successo, era andata a cercarlo al forno e gli portò poi dei vestiti puliti e del cibo. Maria faceva l’infermiera nel vicino ospedale ed era collega di Ida Paganelli, la staffetta partigiana che aveva contatti con gli antifascisti locali, inoltre aveva il lasciapassare per poter circolare liberamente sia di giorno che durante il coprifuoco.

L’AGGUATO AI CUGINI FANTINI

In attesa di poter trovare il momento opportuno per lasciare Cervia era ancora nascosto nel ripostiglio quel famoso giovedì 23, quando i fascisti uccisero i cugini Fantini che da Castiglione stavano arrivando in bicicletta per partecipare ai funerali delle vittime del Caffè Roma.

eccidio caffè roma martiri fantini

Da sinistra a destra Armando e Nino Fantini

Era il primo pomeriggio quando sentì delle urla, delle grida, poi una voce su tutti che gridava in dialetto “Ammazzali tutti” poi una lunga raffica di mitra seguita da altre più corte. Dal luogo dove era nascosto mio padre non aveva una buona visuale, ma a sua memoria i due Fantini furono uccisi all’altezza dello stallatico che si trovava dove ora c’è Shanga Tattoo & Piercing. Il gruppo dei fascisti che controllava il ponte era disposto sia sulla sponda verso Ravenna che sull’altra, ma a sparare fu il gruppo che era sulla sponda ravennate. Solo a tarda notte, costeggiando il Canale fino alle Saline, riuscì ad allontanarsi e a raggiungere Savio dove trovò rifugio. Tornò a Cervia solo dopo l’estate, quando ebbe la sicurezza che nessuno lo aveva riconosciuto e i fascisti non lo stavano cercando.

A suo dire Meldoli, il milite fascista ucciso, non era un fanatico violento o una persona che si era macchiata di particolari crimini, lo definì un poveraccio che per campare era andato “nella Repubblica”.

Eugenio Cecchi

La bomba ritrovata a Cervia è stata fatta brillare

È stata fatta brillare domenica 20 novembre la bomba ritrovata a Cervia nei pressi del parcheggio della Coop.

La bomba, un ordigno bellico americano del peso di 230Kg contenente esplosivo ad alto potenziale risalente alla Seconda Guerra Mondiale, di quelle che andavano installate negli aerei che decollavano dall’aeroporto ricavato dentro alla pineta di Milano Marittima (scopri qui la storia dell’aeroporto.

bomba cervia ordigno bellico

1945, aereo in decollo dalla pineta di Milano Marittima

IL RITROVAMENTO DELLA BOMBA

Era stata rinvenuta sottoterra la settimana scorsa dagli operai che lavoravano al cantiere per l’ampliamento della rete stradale nei pressi della Coop di Via Gertrude Mazzotti Carli a Cervia. L’area era stata subito messa in sicurezza e delimitata dalle classiche bandelle bianche e rosse. Per la sua rimozione è stato necessario attendere domenica, quando gli artificieri dell’Ottavo Genio Guastatori Paracadutisti “FOLGORE” sono arrivati da Legnago (VR) per estrarla e farla brillare in un luogo sicuro.

IL BRILLAMENTO NELLA CAVA

Le operazioni di rimozione sono partire poco prima delle 9 della mattina. L’ordigno bellico è stato caricato su un camion militare che si è occupato del trasporto in sicurezza verso la cava Ca’ Bianca di Via Dismano a Ravenna.

Nel sito prescelto è stato realizzato un profondo scavo per contenere la bomba che è poi stata ricoperta di terra e fatta brillare. Non è stata necessaria nessuna evacuazione, in quanto si tratta di un’area disabitata in mezzo alla campagna.

IL VIDEO DELLA RIMOZIONE DELLA BOMBA

ALLA SCOPERTA DELL’AEROPORTO DI MILANO MARITTIMA

Domenica 4 dicembre si terrà l’ultimo appuntamento dell’anno con il Bunker Tour “l’aeroporto nella pineta”. Il tour, organizzato dal nostro blog in collaborazione con Riviera Experience, vi porterà nel cuore della pineta sulle tracce lasciate dall’aeroporto e vi farà vedere esternamente le colonie di architettura fascista, Varese e Montecatini, che fungevano da hangar per gli australiani della RAAF.

bomba cervia

Una parte della pista ritrovata in pineta

La guida e un ricercatore storico vi porteranno fino alla radura dove era allestito l’accampamento abitato da inglesi, sudafricani e polacchi. Vedrete dove era situata la pista d’atterraggio e passerete davanti all’area dedicata al lancio delle granate Mills e agli alberi usati come poligono. I reperti che vi verranno mostrati vi faranno immergere nell’atmosfera della Seconda Guerra Mondiale.

SEGUI QUESTO LINK PER PARTECIPARE

L’eccidio del Caffè Roma a Cervia

La ricostruzione dell’eccidio del Caffè Roma a Cervia e dell’assassinio dei cugini Fantini ad opera dei fascisti.

Precisiamo che il seguente testo non è opera del blog Cervia e Milano Marittima ma abbiamo deciso di pubblicarlo per intero in quanto è il più completo mai scritto sull’eccidio del Caffè Roma. Il testo è stato scritto da Enrica Cavina e pubblicato su Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia.

GLI ANTEFATTI

Nel marzo del 1944 fu costituito il Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale, ultimo di tutta l’Emilia Romagna, cui aderì ogni partito antifascista locale. Ai comunisti fu attribuito il compito di mantenere i collegamenti con il Cln dell’Alta Italia poiché erano gli unici a disporre di un’organizzazione efficiente. L’istituzione del Cpln fu determinante per risollevare il morale di molti partigiani che, nella precarietà di un’organizzazione ancora parziale e nel limitato margine d’azione, tendevano a sbandarsi. Allo stesso tempo significò il progressivo appianarsi dei contrasti sorti tra i vari partiti antifascisti che venivano tutti chiamati a organizzare i propri quadri militari formando gruppi Gap. Fino ad allora, il peso della lotta di Liberazione era ricaduto sul solo partito comunista che, nonostante la fedeltà dei propri membri, si trovò ad affrontare consistenti difficoltà organizzative dovute alla scarsa preparazione politica e militare degli uomini.

Questo è lo scenario in cui avvengono l’eccidio del Caffè Roma e l’uccisione dei partigiani Fantini (da cui prende il nome la via e la scuola primaria). In un rapporto redatto per il comitato militare provinciale partigiano nella notte tra il 20 e il 21 marzo, il compilatore scrive a matita testuali parole:

«Questa notte, e cioè dal 20 al 21 marzo, una nostra GAP venuta a contatto con fascisti di Ravenna ed elementi locali i quali si trovavano a Cervia per fare arresti uccideva un famigerato fascista cervese (Meldoli Guido). Le forze avversarie che si trovavano sul posto non ardivano accettare il combattimento ma vigliaccamente andavano al Caffè Roma e sparavano su pacifici clienti. Tre nostri compagni uccisi e qualche altro cliente ferito leggermente. Si fa presente che durante la giornata apposite staffette anno avvertito tutti che sarebbe stata una brutta sera, ma qualcuno è stato testardo e purtroppo à pagato di persona. La popolazione è indignata. (nessuna perdita tra i gappisti)».

Lo stesso giorno, alcune ore prima, Magnati Giacinto, comandante del presidio della GNR della Rocca delle Camminate, decide di recarsi a Ravenna al fine di prelevarvi il maresciallo dei carabinieri Orru per motivi politici. Dispone la propria partenza con un auto e un camioncino accompagnato da alcuni militi. Con lui vi sono Ranieri Walter, Gelosi Aldo e altri due militi. Nel corso del viaggio fa salire sull’auto, a Predappio, Casalboni Gino, che presta servizio presso il comando tedesco locale.

Giunti a Cervia, mentre il camioncino prosegue verso Ravenna, Magnati e gli altri si devono fermare per riparare l’auto cui si è bucata improvvisamente una gomma. Il caposquadra Casalboni insieme al milite cervese Meldoli va in cerca di un meccanico. Mentre attendono che costui si alzi da letto e scenda ad aprire, Meldoli si dirige verso una persona che si è fermata sotto il portico per accertarsi della sua identità. Si sentono due colpi d’arma da fuoco e Meldoli, fatti pochi passi, cade esanime. Sono le 21.15. Un quarto d’ora prima l’attenzione degli abitanti di Cervia era stata catturata dall’esplosione di una bomba. L’umaz’, Casalboni Gino, è furioso per l’assassinio di Meldoli e con il mitra armato si dirige verso il Caffè Roma.

L’ECCIDIO DEL CAFFÈ ROMA

eccidio del caffè roma

Dove si trovava il Caffè Roma

È vestito in borghese ed è accompagnato da un milite. Sa che in quel Caffè situato sotto i portici in Piazza Garibaldi a Cervia convengono abitualmente persone che non sono favorevoli al regime fascista. Il Casalboni, affacciatosi alla sinistra della porta dell’esercizio spara una raffica di mitra, quindi esclama “Vigliacchi comunisti, vi voglio ammazzare tutti” e spara altre due raffiche. Dall’interno del Caffè non si risponde. Allora Casalboni entra ed intima di alzare le mani. “Fuori vigliacchi!” dice a quelli che si sono gettati a terra e si sono riparati sotto il biliardo. I feriti emettono lamenti. Uno chiama “Mamma!”, “Tra mezz’ora non la chiamerai più!” risponde Casalboni.

Un cliente del Caffè Roma si qualifica maestro, “Maestro di comunisti” gli rinfaccia Casalboni. Rivoltosi al milite che lo ha accompagnato gli ordina di finirlo. Il milite alza l’arma in posizione di sparo ed il maestro si getta a terra. Gualdi Danilo che pure è nel Caffè domanda al Casalboni “Che cosa fai qui? Sono Gualdi, uno dei primi fascisti. Ti conosco”. Ed il Casalboni risponde “I comunisti hanno ucciso un nostro compagno ed io lo voglio vendicare”. Sul pavimento del Caffè Roma giacciono tre morti. Uno è Valentini Attilio, autista, di sentimenti socialisti. Della somma di 42 mila lire che tiene in tasca saranno rinvenute 500 lire circa. Il secondo è l’ex fascista Venturi Giovanni, portalettere. Il terzo è il meccanico Evangelisti Aldo, di sentimenti comunisti. Il mugnaio Tassinari Eugenio, mazziniano, è ferito gravemente all’altezza della seconda costa. L’intervento chirurgico non sarà efficace, morirà dopo quattro giorni. Restano feriti altresì Panzavolta Luigi, di sentimenti socialisti, l’ex fascista Barana Tacito, Tandoli Pietro di sentimenti comunisti e l’ex fascista Abbondanza Antonio.

eccidio caffè roma cervia

Le vittime dell’eccidio del Caffè Roma a Cervia

Circa mezz’ora dopo l’eccidio del Caffè Roma, Capra Carlo, segretario politico di Cervia, con altri militi, entra nell’abitazione dell’esercente del Caffè nella quale trova solo la moglie, Succi Libera Nella. Capra è lì per rintracciare il marito della donna. Nella vede un sergente a lei sconosciuto puntare il mitra contro suo figlio di due anni, minacciando di sparare se non rivela dove sia il marito. La risposta non arriva e il Capra inizia a esaminare le carte d’identità delle persone decedute. Con Capra c’è Savorini Alvaro che «pretende di far dichiarare a un ferito che la prima raffica di mitra è partita dall’interno del caffè». Sono avvertite anche le autorità di Ravenna. Il capo della provincia Bogazzi, dispone il ricovero del ferito grave Tassinari all’ospedale del capoluogo.

eccidio caffè roma cervia

I MARTIRI FANTINI

Quando Battistini Luigi giunge a Cervia due ore e mezza dopo con l’autoambulanza della Croce Rossa, nota la presenza di una trentina di militi della futura brigata nera e della GNR di Ravenna fra i quali Andreani Giacomo. Il gruppo rionale ‘Muti’ di Ravenna ha infatti ricevuto una telefonata che annuncia l’uccisione del fascista repubblicano Meldoli. Babini Giovanni, dirigente della locale federazione e comandante della squadra d’azione di Ravenna, ordina una spedizione punitiva a scopo di rappresaglia da compiersi sulla popolazione civile. Partecipano alla spedizione Fabbri Paolo, gli stessi Poletti e Babini e altri brigatisti di Ravenna, fra cui Andreani. Solo quando giungono a Cervia apprendono che la rappresaglia c’è già stata e, per ordine di Babini, ritornano a Ravenna.  Intanto i militi di Magnati diretti verso Ravenna, non vedendo arrivate la sua automobile, ritornano a Cervia. Il gruppo così si ricompone.

Sono passate le 23 quando Sbaragli Vincenzo di Carpinello sente dei colpi violenti alla porta. Non vuole aprire e sente che gli viene sfondato l’uscio del capannone. Sono cinque militi, fra i quali Ranieri e Gelosi. Si fermano a dormire e a mangiare. Conversando rivelano a Sbaragli che stanno tornando da Cervia dove hanno avuto un morto, ma in compenso hanno accoppato sette od otto persone in un Caffè e aggiungono che sarebbero tornati a Cervia il giorno dei funerali e ne avrebbero ammazzate delle altre. Il 23 marzo a Cervia avrebbero dovuto aver luogo i funerali dei tre uccisi nell’eccidio del Caffè Roma ma si stabiliscono misure di ordine pubblico che vietano l’effettuazione delle onoranze funebri e si organizza, per il 21 marzo, un servizio di controllo alle porte della città allo scopo d’impedire l’ingresso di persone armate. Tra le “misure di ordine pubblico” viene effettuata anche una sparatoria da parte di militi per terrorizzare la popolazione ed impedirle di prendere parte alle esequie.

Verso le 15 dello stesso giorno una pattuglia GNR incontra circa 40 borghesi che viaggiano a gruppi per recarsi ai funerali dei sovversivi uccisi il giorno 20 a Cervia. La pattuglia ferma e perquisisce il primo gruppo. Nel secondo un individuo getta una pistola a terra e il milite Tabanelli Primo detto Scianten spara uccidendo il possessore dell’arma e un altro individuo che portava in tasca una bomba a mano. Gli altri 6 individui del primo gruppo vengono fermati e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria. I giovani uccisi sono i cugini Fantini Nino di 24 anni, autista e Fantini Armando di 23 anni, bracciante, ambedue di Castiglione.

eccidio caffè roma martiri fantini

Da sinistra a destra Armando e Nino Fantini

I loro corpi sono trasportati dalla polizia mortuaria, insieme a quelli degli uccisi nell’eccidio del Caffè Roma, direttamente al cimitero. Nessuna ripercussione sull’ordine pubblico.

I RISVOLTI GIUDIZIARI DELL’ECCIDIO DEL CAFFÈ ROMA

Casalboni, l’assassino di Caffè Roma, sarà giustiziato a Castellana il 26 aprile 1946, primo ad essere condannato a morte secondo quanto riferito alla moglie Amadei Iolanda dal CLN di Busto Arsizio cui si era rivolta nel corso delle ricerche del marito. Le vittime del Caffè Roma non avevano alcuna relazione con l’uccisione di Meldoli e si trovavano casualmente al bar vicino al luogo in cui era stato ucciso il milite.

Savorini Alvaro imputato oltretutto di aver causato volontariamente la morte delle vittime del Caffè Roma. Con sentenza del 20/12/1945 la corte lo giudica colpevole del delitto di collaborazione, in concorso di attenuanti generiche e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni trenta. La Corte suprema di Cassazione con sent. 27.9.946, ha annullato la sua stessa sentenza nei confronti di Savorini Alvaro ed ha rinviato il nuovo giudizio alla Corte d’assise sez speciale di Firenze.

Secondo la ricostruzione del giudice Scalini Paolo, la strage non sarebbe una reale rappresaglia per l’uccisione del Meldoli. Costui sarebbe stato ucciso successivamente. Al riguardo si rileva soltanto la presenza di un documento di origine partigiana, apparentemente scritto poco dopo l’evento che conferma invece le dinamiche descritte da alcuni testi fascisti e dalla ricostruzione dei carabinieri.

LA TESTIMONIANZA DI UN SOPRAVVISSUTO

A distanza di alcuni mesi dalla pubblicazione di questo articolo siamo riusciti a raccogliere la preziosa testimonianza di Eugenio Cecchi, figlio di un sopravvissuto che si trovava quel giorno al Caffè Roma. Potete leggerla seguendo questo link.

Thomas Venturi

Giorno della Memoria

“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Art. 1 Legge n. 211 del 20 luglio 2000.

Come blog, nato per raccontare la storia di Cervia e Milano Marittima, siamo sempre stati molto sensibili all’argomento della Seconda Guerra Mondiale e a tutti gli avvenimenti che ne hanno fatto parte. Il passaggio dei tedeschi nazisti prima e degli alleati dopo, è stato un evento che ha scosso le nostre località tra il 1943 e il 1945.

Qui epiche battaglie non ve ne sono state, ma non dimentichiamoci di chi ha subito il passaggio del fronte a partire dai nostri nonni, obbligati a lavorare alla costruzione dei bunker tedeschi, ai prigionieri nella Colonia Varese, terrorizzati dall’essere deportati in Germania, ai liberatori canadesi morti nelle nostre strade durante la liberazione di Cervia e ai morti nella strage del Teatro di Cervia. La lista è ancora lunga…

Quando sono stato ad Auschwitz ne sono rimasto colpito, come tutti del resto, e non ho potuto fare a meno di collegare quei luoghi alla mia città, Cervia, distante 800 chilometri ma legata da un filo diretto con quel luogo: i bunker tedeschi.

Le nostre fortificazioni servivano a difendere e a nascondere quello che avevo davanti. Ecco perché sono così importanti i nostri bunker ed ecco perché mi batto per la loro tutela dal 2014; sono monumenti in ricordo di tutte quelle persone che non sono sopravvissute a quel periodo.

Milioni di persone sono arrivate sui binari di Auschwitz/Birkenau e poi subito divise: mogli dai mariti, genitori dai figli, i più fortunati morivano subito con un colpo di pistola proprio davanti ai loro cari, i più sfortunati lo avrebbero fatto solo qualche tempo dopo, nelle maniere più impensabili.

Penso a queste cose e mi viene in mente la fibbia nazista ritrovata nella pineta di Milano Marittima con impresso “Gott mit uns”, Dio è con noi. No, Dio non era affatto con voi e un Dio, in quei momenti, non c’era per nessuno. Quando chiesero a Primo Levi se credesse in Dio, lui rispose “C’è Auschwitz, dunque non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo”. Come dargli torto…

Il Giorno della Memoria ci serve per ricordare tutte quelle persone morte solo perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato e con un’appartenenza nativa sbagliata. È capitato a loro ma poteva capitare a noi, potrebbe un giorno capitare a noi, chi lo può dire? Certo loro non se lo immaginavano.

Non ho altro da dire, preferisco dare il mio contributo al Giorno della Memoria facendo parlare le fotografie che ho scattato e che ancora oggi mi emozionano ogni volta che le riguardo. Non cambiano la storia ma aiutano sicuramente a ricordare e, quindi, a non dimenticare.

Thomas Venturi

Arbeit macht frei auschwitz

Arbeit macht frei –  Il lavoro rende liberi

Auschwitz

Bastava toccare il filo spinato per morire folgorati

Birkenau

Ingresso ad Auschwitz Birkenau

giorno della memoria

Gli ultimi metri prima dell’inferno di Auschwitz Birkenau

giorno della memoria

Forni crematori

giorno della memoria

Quel che resta di milioni di persone

auschwitz

Pennelli da barba e spazzole

giorno della memoria

Il muro delle fucilazioni

giorno della memoria

Il blocco degli esperimenti sugli umani

Auschwitz

Le cuccette (quelle più comode)

giorno della memoria

Solo un numero

Testo e foto di Thomas Venturi

Nuovo reperto: Gott mit uns

Gott mit uns è il motto impresso nella fibbia ritrovata in pineta e risalente all’occupazione tedesca di Milano Marittima.

Gott mit uns, Dio è con noi, questo si legge nella fibbia ritrovata da Raffaele Sorge nell’area dell’ex campo di aviazione di Milano Marittima. Un ritrovamento fra i più interessanti e che si va ad aggiungere alle precedenti testimonianze sull’occupazione tedesca avvenuta a Cervia e Milano Marittima.

fibbia tedesca german gott mit uns

Gott mit uns – Dio è con noi

GOTT MIT UNS, ORIGINE DEL MOTTO

Fu, prima di tutto, un urlo di battaglia romano Deus nobiscum” che fu utilizzato anche dalle truppe di Bisanzio. Tutta la contrapposizione cristiana all’espansione islamica si valse del medesimo concetto, anche al di fuori di una proclamazione dell’autorità religiosa centralizzata (vedasi il grido Deus lo volt di Pietro l’Eremita). Ciò portò, nei secoli, la teologia cristiana ad interrogarsi sullo stesso concetto di guerra giusta e sui limiti entro i quali possa essere invocato l’uso della forza tra le nazioni. Il motto, in russo “Съ нами богъ!”, fu utilizzato anche dall’Impero Russo.

UTILIZZO IN GERMANIA

Entrato nella simbologia bellica europea attraverso le Crociate e dopo essere stato motto ufficiale degli elettori di Prussia nella campagna di Germania del 1813, accompagna la dinastia degli Hohenzollern fino alla loro ascesa alla guida del Reich tedesco. Terminato il conflitto e decaduta la monarchia, il piccolo esercito della neonata Repubblica di Weimar, la Reichswehr, mantiene il motto sulle fibbie dei cinturoni e al centro viene inserita l’aquila (senza la svastica), simbolo della Germania.

Con l’avvento del Nazismo (1933), la fibbia rimane inalterata fino al 1936, quando, al posto dell’aquila di Weimar, viene inserita un’aquila in posizione di riposo, che ha negli artigli una svastica, lasciando inalterato il motto dell’esercito prussiano.

Dopo Seconda Guerra Mondiale, la fibbia non riporterà più tale motto, il quale sarà sostituito da quello della Repubblica Federale Tedesca, e l’aquila della Repubblica di Weimar farà nuovamente la sua comparsa senza la svastica.

GOTT MIT UNS, WIRKLICH?

Dio è con noi, aveva scritto sulla fibbia il militare tedesco che la perse. Chissà come si chiamava e chissà se la perse o ci morì con quella fibbia nella nostra pineta. Di certo c’è che ciò che ha fatto la Germania nazista è fra le cose più atroci che l’uomo possa ricordare, e altrettanto certo è che nessun Dio e nessuna religione era con loro mentre indossavano quella fibbia.

Thomas Venturi e Raffaele Sorge