Ricordo domestici in giacca e guanti fare la spesa o portare fuori il cane. Il Conte racconta i tempi dell’alta società di Milano Marittima.

L’imperativo sociale che aleggia anche nella nostra Milano Marittima è “sono, perché frequento”, ovvero, se posso andare in luoghi ritenuti elitari significa che anch’io sono élite. Una male intesa proprietà transitiva cara ai sedicenti vip e a tutti i proletari del pubblico nazional popolare che li mantiene in auge. Gente nota non per merito, ma per fama, anche quella poco specchiata. Presenzialismo isterico ad oltranza.

Il Touring quando era frequentato dalla vecchia élite di Milano Marittima

Le vecchie famiglie dell’élite di Milano Marittima, come del resto tutta l’élite di tutti i tempi e paesi, è così poco o nulla conosciuta, a partire dai cervesi stessi e da sedicenti storici e giornalisti, proprio perché ha fatto della discrezione e del basso profilo il suo vangelo. Un’élite alto borghese o nobile con alle spalle capitali enormi e pagine di storia che a Milano Marittima, pur non rinunciando a certi riti e maniere, conduceva una vita ritirata e molto auto referenziale. Sia nelle proprie inaccessibili villette, sia negli hotel.

Il vero signore non ha bisogno di ostentare nulla. Il vero lusso non nasce moltiplicando marmi e tappeti. Ricordo chi faceva fare la spesa o portare a spasso il cane da domestici in giacca gallonata e guanti. Chi andava in spiaggia seguita dalla servitù col necessario per un pic-nic. Chi riceveva in giardino come in un estensione del proprio salotto.

C’era un Harry’s Bar anche a Milano Marittima
Il Cluny Bar di Peppino Manzi era un classico ritrovo serale della vecchia élite di Milano Marittima

Ho giocato coi pronipoti di Torquato Tasso e dei Medici di Toscana, attorno a casa mia c’erano i discendenti di Dante, di Leopardi, di San Carlo Borromeo, di Baracca, un medico della regina Elena, il Gran Maestro storico della Massoneria e via dicendo. C’era poi chi aveva fra gli amici più intimi gente come Kennedy o frequentava i Windsor d’Inghilterra. La lista è lunga, molto lunga.

Era la mia Milano Marittima. Nessuno se la tirava. Il tiraggio è venuto dopo, molto dopo, col baraccone dei vip e tutto il caravan serraglio… Quanti ricordi personali e familiari che stridono con l’immagine e soprattutto con l’immaginario collettivo che su Milano Marittima è stato costruito dopo, e da gente che con la mia cittadina non c’entra niente e vuol dettar legge… Quando guardo le foto anni ’60 di mia nonna, la baronessa di Signorino, ai tavoli de “La Pineta Club”, vedo solo sobrietà e classe, tanto in lei che nel locale. Era nata nel 1909, non so quanti possono dire di avere avuto già dei nonni clienti dell’attuale Pineta.

Milano Marittima alta società
Il vecchio ingresso della discoteca Pineta di Milano Marittima

Tutto è diventato palcoscenico per vanità a basso costo, accessibile a gente che un tempo qui non sarebbe mai potuta venire, come non vi venivano per primi i cervesi stessi, e se a qualcuno questa verità brucia, si faccia un giro in farmacia e la smetta di scrivere offese a me che racconto solo la verità dei fatti.

Non c’erano snobismi, non c’era nessun complesso di superiorità, c’era solo il complesso dell’educazione. Tante sciocchezze, che poi ho sentito o letto, si devono invece al complesso di inferiorità non risolto di certa gente. C’è un abisso fra gli arricchiti che oggi prendono casa a Milano Marittima ed i vecchi signori che le ville, e non solo a Milano Marittima, le avevano davvero e modestamente le chiamavano case.

Tempo fa, per esempio, ero entrato in un negozio con una vecchia amica di famiglia, praticamente una zia, e la gerente le disse “Cara, ti conosco da anni, non sapevo fossi una contessa, ho trovato il tuo cognome leggendo un libro”. Esattamente, nessuna ostentazione, nella Milano Marittima dove si viene a sfoggiare anche l’orologio, famoso ormai per gli scippi endemici e che a me ricorda solo il cognome di una mia vicina di ombrellone il cui padre lo aveva inventato.

Lontano anni luce da spacconate alla Ricucci, come quando disse “E mo ve compro tutti”, perché iniziava la conquista di palazzi, terreni e locali a Milano Marittima (La Voce di Giovedì 19 Agosto 2010) compreso un notissimo locale che a giorni sarà in asta giudiziaria. Oppure articoli coraggiosi e veritieri in mezzo a tanta falsa propaganda, come quello sul baraccone dei vip nani e ballerine apparso a firma di Anna Budini su “Le ragioni dell’Occidente” anno 7, numero 8 del 2010, intitolato “Milano Marittima mecca che nasconde la bruttezza”.

Con una stagione 2022 che si aprirà con l’ennesimo hotel storico e blasonato trasformato nell’ennesimo Family Hotel, credo che non ci sia nulla da dire su cosa sia diventata una località che ci invidiavano tutti, anche Riccione che a qualità di turismo non era certo l’ultima.

Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi

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