Il blog di Cervia e Milano Marittima

È vero che prima dei fondatori di Milano Marittima l’economia cervese era arretrata? La risposta è no, e vi spiego perché.

“Nel 1950 ho parlato con l’ingegner Redaelli, ed ho chiesto per quale motivo vendevano tutto (a Milano Marittima ndr). Mi rispose non possiamo fare una spiaggia di lusso come era nelle nostre intenzioni, l’amministrazione vuole fare una zona di villeggiatura popolare, e noi ce ne andiamo”.

È un estratto di una lunga e bellissima lettera che il residente storico Gualberto Benzi (nonno dell’ideatore di questo blog) scrisse, sulla nascita di Milano Marittima e i fondatori milanesi, al Giornale del 5 dicembre 1987.

giornale milano marittima un secolo di vacanze

Altro che rapporto collaborativo fra Cervia e fondatori milanesi: problemi tanti, fin dal principio, e tante le vendette postume, come togliere il viale intitolato a Palanti per poi dedicargli una viuzza dopo le pressioni dei diretti interessati. Niente strade o altro dedicate ai milanesi, solo un brutto e abbandonato sedicente monumento che praticamente vollero e pagarono loro.

monumento fondatori milano marittima
Il monumento ai fondatori in stato di abbandono

L’ennesimo libro tanto pubblicizzato del solito storico imolese trapiantato a Cervia, invece, mantiene intatta la linea che si vuole imporre: amore collaborazione e gratitudine dei buoni cervesi verso i fondatori di Milano Marittima.

A CERVIA SI BEVE E SI MANGIA

Non è neanche vero che prima dei fondatori milanesi, che poi non si capisce cos’abbiano a che fare con Cervia, l’economia del paese fosse arretrata e poi si sviluppò. Questo perché il concept cervese di sviluppo è rimasto immutato. Come ci riporta un cervese purosangue, Riziero Finchi, nel suo “Zirvia cum cl’era” dove a pagina 25 scrive che tutti, a partire dai contadini del forese, avevano una pessima idea dei cervesi tanto da coniare il detto “Chi, i ziriot? Be’ e magne'”, tutt’oggi valido. Basta girare per la cittadina per capirlo, dove l’unico sviluppo oltre il cemento è aver aperto decine e decine di localini da bere e da mangiare, addirittura invocando chiatte sui canali per aumentare i tavoli: 200 anni di mentalità immobile. Il guaio è che sono riusciti ad introdurla anche da noi a Milano Marittima, e gli effetti li vediamo.

IL SUCCESSO DI MILANO MARITTIMA

Abbiamo avuto la fortuna che, dopo il tentativo dei milanesi a Milano Marittima, arrivò tanta altra gente da fuori, soprattutto dall’entroterra di Forlì e Cesena, che aveva ben altra mentalità, e fra mille ostacoli dati proprio da Cervia e cervesi, è riuscita a fare il boom di Milano Marittima. Ed anche qui già da allora, e non parliamo poi del Centenario del 2012, i cervesi hanno mobilitato la loro propaganda mediatica per vendere ai turisti che il merito era loro, erano loro ad essersi riciclati grandi imprenditori turistici lasciando i lavori di pescatori e salinari. E come è sotto gli occhi di tutti, insistono e insistono, e gli va sempre più facile perché sono spariti quasi tutti i veri residenti storici di Milano Marittima che sanno la verità che fu, e idem i turisti storici di Milano Marittima, che conoscevano meglio dei cervesi la località, e non è una battuta.

Milano marittima si è salvata fintanto che abbiamo avuto grandi imprenditori, quelli che scherzando, ma poi neanche tanto, avevano una mezza idea di farci comune a parte, dato che eravamo davvero una realtà a parte. Adesso a Milano Marittima siamo diventati un’economia arretrata degna di quel detto “be’ e magne'”. Che li chiami kebab, piadinerie o street bar, sempre di quello si tratta, la realtà non cambia perché si usano termini inglesi al posto di osteria.

Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi

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