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Onore al merito?


Onore al merito?

Sembra che Milano Marittima per i suoi primi 80 anni sia stata una specie di landa desolata, dove gli abitanti (quei fannulloni) passavano il tempo a cercare stridoli e rucola per cibarsi, e vivevano in capanne sopra agli alberi di pino. E che tutto, praticamente tutto, lo si debba a quattro o cinque personaggi calati qui nell’ultimo ventennio (e anche meno). E’ così? A leggere gli articoli che con ossessiva continuità ci propinano alcuni giornalisti, parrebbe proprio così. Ma facciamo un bel passo indietro. Ogni Domenica alla Messa delle 11 sono spesso (e davvero volentieri) accanto alla Sig.ra Matilde Tiozzi, residente DOC e animata da grande pietà religiosa: nonostante l’avanzatissima età piega le ginocchia anche sul nudo pavimento se non trova l’inginocchiatoio libero. Spesso arrivando prima della funzione per assicurarci il posto contesoci da chi viene da tutt’altre parrocchie, facciamo due chiacchiere. La sua famiglia ha una concessione balneare (Bagno Dino) dal lontano 1937. Un’altra famiglia ad avere una delle più vecchie concessioni e a gestirla tuttora è la famiglia del simpatico Peppino Giulianini (since 1949) dell’omonimo bagno. In chiesa e a casa trovo spesso la Sig.ra Anna Sirri, un po’ la perpetua dei nostri frati per tutto l’impegno che mette nell’assecondarli. E’ cugina del pilota Giancarlo Santarelli, che partecipava al circuito motociclistico di Milano Marittima con Agostini e Pasolini, mentre suo marito era cugino di Valentini, custode di una delle più belle ville (ovviamente rasa al suo per far posto ad appartamentini) di Milano Marittima, cioè Villa Sangiorgi alla Prima Traversa. Per rilevare la pensione all’ottava Traversa dalla famiglia del cantante Piero Focaccia, Anna investì tutta la propria dote. Non lontano c’era uno degli alberghetti tirato su dal mitico “Gigin e’ cioss”. Si dice da sempre che per la fatica e gli sforzi, a Gigin gli si allungarono le braccia! Potremmo poi ricordare (ovviamente non farò il nome) un’altra instancabile albergatrice che lavorava talmente tanto tutto il santo giorno, che le capitò più di una volta, arrivata a notte, di fermarsi solo sulla tazza del wc e lì seduta addormentarsi fino all’alba successiva. Ebbene, persone e famiglie come queste (ma potremmo fare un’enciclopedia, tanto per Milano Marittima che per l’intera Riviera Romagnola) a chi devono qualcosa se non solo ed ESCLUSIVAMENTE a se stesse? Eppure, mai un cenno, mai un ricordo, mai un riconoscimento. O quasi. A queste famiglie s’aggiungevano altre con cognomi molto più noti e patrimoni più importanti, che pure scrissero pagine importanti della storia economica (e non solo) di Milano Marittima. Pensiamo agli Amenduni, delle grandi acciaierie, che comprarono “Le Palme”. Per non dire di tutto il clan legato ad Attilio Monti (Sarom), cioè le famiglie di Gino Guccerelli, di Gincarlo Baldini, di Giovanbattista Galeati passando ai cugini poveri di Salvatore Ligresti, molto amico di Monti, e non tanto desiderosi che si sappia della parentela con l’inaffondabile palazzinaro detto “Artiglio”. Ma anche su costoro è calato uno strano silenzio. E non è tanto riconducibile ad una certa discrezione degli stessi. Discrezione che talvolta non paga lo stesso, come nel caso di altri industriali di gran nome, frequentatori di Milano Marittima, cioè i Trezzi, protagonisti nel 1988 d’un rapimento finito molto male…. No, tutto è “partito” da poco, il passato non conta! Lo leggiamo in articoli pesanti come collane di cocomeri per chi invece certe cose non se le lascia raccontare. Un elenco abbastanza esaustivo su chi e come ha investito a Milano Marittima è apparso con il titolo “Milano Marittima: Mecca che nasconde la bruttezza” (su “Le ragioni dell’Occidente” supplemento a La Voce anno 7°, n. 8 Agosto 2010). Che poi l’articolo si concluda con l’accenno a Luca Toni proprietario del bagno “Figli del Sole” a Milano Marittima dimostra ancora quanto sia utile andarsi a rileggere i veri confini di Milano Marittima. Dello stesso quotidiano, e dello stesso periodo (cfr. La Voce del 19.08.2010) l’articolo “E mò ve compro tutti”. Ricucci acquista palazzi e terreni a Milano Marittima”. In cima alla lista della spesa lo storico ristorante Zì Teresa (nota di servizio: che il Zì Teresa sia del 1947 sfugge a tanti, e fra questi lo scrivente e il sig. Plazzi Claudio inclusi). Più recentemente, si può segnalare un articolo (cfr. Corriere di Romagna 3.4.2013) sulla festa di compleanno di Arrigo Sacchi nel suo hotel  (che è tale da 7 anni) di Milano Marittima: leggiamo “Buon per Milano Marittima che l’Arrigo nazionale qui abbia messo radici, Milano Marittima lo ha sempre amato con molta discrezione e lui comunque ha sempre ricambiato questo affetto dimostrandosi molto disponibile nei confronti dei residenti”. Grazie, che favore! Ma noi residenti non siamo (noi) a casa nostra? Qui in verità Sacchi non c’entra. Ma c’entra chi scrive queste cose e diffonde questa mentalità che inverte innanzitutto la elementare logica! Al massimo siamo noi che ci dimostriamo sempre, e pure troppo, disponibili con gli ultimi arrivati. Se può far piacere che un Sacchi abbia messo qui le radici e che ciò sia un bene per Milano Marittima è altrettanto vero, anzi è più vero, cari giornalisti, che le radici hanno bisogno di trovare PRIMA un terreno fertile e ben curato per attecchire. Ed il terreno di Milano Marittima, cari giornalisti che intervistate sempre le stesse persone, è stato fertilizzato dal sudore di tanta gente prima di Sacchi & Co. , ed è stato curato e mantenuto dagli stessi con fatica. Un’altra villa signorile “aperta a tutti i ragazzi, dai figli degli industriali a quelli degli operai” era quella della famiglia di Massimo Giletti a Ponzone, come lui stesso ha ricordato in un’intervista. Proprio in occasione della consegna dei premi al giornalismo al Palace di Batani il  25 aprile 2013, Giletti alle telecamere del TG di Teleromagna ha detto “quando vent’anni fa Chiambretti mi ha telefonato per invitarmi a partecipare ad un torneo di tennis (il Vip Master ndr) non sapevo neanche dove fosse Milano Marittima; io andavo dall’altra parte (sulla costa tirrenica ndr)”. Eppure anche Giletti ci insegna a chi dobbiamo dire “grazie” e, del resto, lui qui “è di casa” come scrivono i giornali (vedi il Resto del Carlino del 25.4.2013). E’ talmente di casa da non sapere cosa fosse Milano Marittima fino a vent’anni fa, quando ancora il blasone di Milano Marittima era davvero dorato e splendente. A proposito di dorature: questa frase di Giletti sconfessa (anche se non ce n’era bisogno) un’altra leggenda riguardo proprio a Chiambretti che, stando ai soliti che vogliono raccontarcela, “ha vissuto e vive gli anni d’oro di Milano Marittima tanto da sentirsi cittadino onorario (cfr Milano Marittima Life Anno 1 n. 2 del 2009)”. Cittadini onorari e di casa gli ultimi arrivati! In tutto c’è un PRIMA e un DOPO. Batani, che sa il fatto suo come Sacchi e sa riconoscere il merito vero (il successo te lo scordi se in una squadra o nello staff di un hotel non scegli bene i componenti) ha ricordato un anno fa (cfr. Il Resto del Carlino 25.4.2012) che se oggi la Riviera Romagnola è quella che è, e molti si sono arricchiti, non bisogna scordarsi che lo dobbiamo a mezzo secolo di turismo dei tedeschi: bravo Batani! Durante una cena sociale nel suo hotel, Batani ha fatto un sincero “amarcord” (che fa più onore al famoso albergatore di tanti articoletti lecchini) ricordando come, allorché s’affacciò tanti anni fa al ricettivo cervese, potè contare su di un amico albergatore già affermatosi a Milano Marittima. Infatti questo albergatore, che ho conosciuto bene, originario di Predappio, ha gestito ben tre fra i più vecchi hotel di Milano Marittima già dal 1953. Non faccio il nome come vorrei perché la famiglia mi ha detto “meglio di no, che non dicano che vogliamo darci importanza”. Questa è la modestia della gente che ha fatto Milano Marittima e che finisce nel dimenticatoio (sulla gavetta di Batani raccontata da lui stesso vedi La Stampa del 10.7.2013). L’unico vero giornalista davvero “di casa” a Milano Marittima fu Luca Goldoni: non è stato mai lecchino, anzi ricordo articoli sferzanti su certi aspetti della cittadina come quello, spassosissimo, dove indicava in Milano Marittima l’unico posto d’Italia dove entravi in una farmacia per comprare aspirine e ti vendevano mobili antichi! Questo è giornalismo a 5 stelle!

Il Conte che non conta

Sogni infranti (prima parte)

Sogni infranti (prima parte)Quest’anno compirebbe 50 anni. Doveva diventare la città perfetta del futuro; il “sogno” di Zingonia nato nel 1964. Compresa fra 5 piccoli centri ha finito per essere solo un enclave mai decollata appieno. I vialoni da città americana ricordano quelli che abbiamo a Lido di Classe e Lido del Savio, come da noi, anche a Zingonia s’è pensato solo a costruire, costruire, senza pensare che ogni paese per prosperare abbisogna d’un “anima”, cioè di luoghi aggregativi, negozi e verde. Dagli anni ’90 a Lido di Classe fra viale dei Lombardi e il Vespucci è sorto un ammasso di case senza una piazzetta, un giardinetto con due panchine, aree gioco. Solo un dormitorio. E poco distante anche i pochi negozi estivi di Viale Verazzano hanno chiuso, ufficio postale compreso. Idem a Lido del Savio per le nuove case di Viale Byron presso l’area parcheggio dove si tiene il mercato. Idem purtroppo anche per Milano Marittima. A Zingonia erano previste 3 tipologie di case. Le villette per i dirigenti delle industrie; le 4 torri per gli impiegati (nel 2014 saranno abbattute); i condomini per operai e meno benestanti. Anche a Milano Marittima potremmo individuare 3 tipologie edilizie, però non da considerarsi COMPRESENTI come a Zingonia, ma diventate tali solo oggi. Alle villette nel pineto previste da Palanti, s’aggiunsero poi le colonie del Fascismo, che portarono ad una prima “proletarizzazione” di un sito partito come d’élite. Oggi siamo alla quarta fase: gli appartamentini, fatti spesso a scapito del verde. I vecchi residenti di Zingonia ricordano come non ci fu integrazione coi residenti dei paesini limitrofi, anzi! Così come fino agli 80 Milano Marittima era considerata zona a parte con confini “sociali” molto più sentiti di quelli topografici. Come Zingonia, Milano Marittima è stata popolata perlopiù da gente che proveniva da fuori (vedi articolo Onore al merito?). Tuttora nelle più conosciute attività è più facile trovarvi qualcuno originario di Civitella che di Borgo Marina. Chissà perché un po’ tutte le città “di fondazione” del ‘900 sono finite male, pensiamo all’EUR di Mussolini e Piacentini, arrivando fino al mostro di Brasilia. Dopo Palanti, i grandi progetti per Milano Marittima sono stati solo due, cioè quello importantissimo a firma Vietti-Violi del 1931 e quello di padre Geremia Ronconi vent’anni dopo, progetti “mirati” a determinati aspetti e non una “visione d’insieme” come per Palanti. Praticamente tutti rimasti sulla carta, innanzitutto per mancanza di fondi ed investimenti. Tutto il resto, successivo, è stato “pionierismo” privato. Talvolta anche con punte d’eccellenza, come gli interventi di Focaccia (Mare Pineta, cinema Arena Mare e alcune ville) o dei più noti Filippo Monti (Hotel Bellevue) e Giò Ponti (una splendida villa poi demolita), passando per firme oggi sconosciute come Cavallè (Villa Perelli oggi Residence Touring). Altri interventi sono stati realizzati all’insegna della totale decontestualizzazione, vedi negozi piazzetta Gelateria l’Ottocento, dove attorno alla bella Villa Carlotta è sorta un’area commerciale che pare più quella di un’area servizio di una strada statale, che della città glamour come la definiscono i giornali. Stesso discorso in rotonda Don Minzoni dove accanto all’elegante Villa Malagola, splendidamente restaurata, sorge un caseggiato stile astronave, da cui da un momento all’altro potrebbero uscire Raflesia e Capitan Harlock. Continua…

Il Conte che non conta

Questione di stili

C’è una grande differenza, secondo il Conte, tra le idee di allora e quelle di oggi: è una questione di stili. Uno stile che oggi non c’è più

Milano Marittima é sempre stata fucina di idee, anzi, essa stessa nasce dall’idea di città giardino. Quante volte già abbiamo parlato delle iniziative dei mitici albergatori come Silvano Collina, Rudy Neumann e Tiozzi? O di come nel retrobottega d’una macelleria sia nata l’idea del circuito motociclistico, ed in un campeggio di Viale Matteotti sia nata l’idea del Trebbo poetico?

Ben pochi sanno che nell’estate 1964, esattamente nel bar La Bussola di Milano Marittima nacque un’altra realtà, realizzata già dall’anno dopo sulle colline tosco-romagnole di Valdazze: “Villaggio del Cantante“. L’idea venne al forlivese Silvio Giorgetti, che in famiglia abbiamo conosciuto bene, il quale a Milano Marittima aveva il bar Aurelia all’angolo della Quinta Traversa.

Nel corso dei decenni, il Villaggio del Cantante vide la partecipazione di una moltitudine di personaggi dello spettacolo, della politica, della religione (inclusi Mons. Tonini e Mons. Milingo) Silvio era il prototipo dell’intraprendenza romagnola. Quanti avranno letto la scritta “Valdazze” sotto i cavalcavia di un po’ tutte le strade nostrane? Ecco, a lasciare il segno come Zorro era lui, solo che lo faceva con la vernice che teneva nel portabagagli!

Nel libro del 2002 dedicato a tutta la storia del villaggio canterino, debitamente stampato e regalato solo ad amici e parenti, a pag. 45 si parla proprio di Milano Marittima vuoi il mare, vuoi le saline, evidentemente faceva bene al funzionamento dei neuroni. Ed oggi? Oggi siamo MOLTO PERPLESSI di fronte a certe trovate che di originale ed innovativo non hanno niente, e che fra l’altro dovrebbero pure veicolare l’immagine del paese.

IL LOGO PER MILANO MARITTIMA? UNA PRESA PER IL… COULÉ

L’ultimo esempio é il nuovo logo scelto per sostituire quello del Centenario e di cui già si è detto. Presentandolo il Sindaco ha detto che é stato selezionato fra ben 150 proposte e che ciò attesta “il forte richiamo di Milano Marittima” sempre al centro dell’attenzione di tanta gente. Il bando comunale del concorso richiedeva al logo di “saper evocare la sintesi di bellezza che caratterizza Milano Marittima” oltre (ovviamente) ad essere “inedito e originale”. Ebbene, quale logo ha riportato la palma della tanto esigente e selettiva commissione giudicante? Una scritta “Milano Marittima” su due righe con una “M” maiuscola per ambedue le parole. La genialata della grafica bolognese vincitrice é tutta qui.

Logo vincitore del concorso

E questa sarebbe una scelta originale? Inedita? La sintesi di storia e bellezza? Però bisogna riconoscere che una clausola é stata rispettata, ovvero quella che imponeva “la massima coesione possibile fra aspetto grafico e parole utilizzate”. Difatti scrivere Milano Marittima per pubblicizzare Milano Marittima é davvero il massimo della coesione e concisione a livello grafico!

Solo una domanda: ma non sarebbe bastato presentare alla commissione una foto di un cartello stradale con scritto Milano Marittima? E la “M” non ci pare così inedita ed originale: chiunque dei nostri padri o nonni può rintracciare nei vecchi quaderni una “M” siffatta. Quello di mio padre “Calligrafia d’oggi” (di L. Soliani, Petrini Editore 1958) la classificherebbe (in tavola XII) nella maiuscola “m” della scrittura Coulé. Del resto, qui é tutto una presa per il …Coulé! O no?

Il settimanale Gente (n.32 del 4.8.2012) quest’estate ha dedicato 6 pagine al Centenario della nostra città o almeno così pareva. Difatti nel servizio a partire dalle 8 foto, tutto c’era fuorché il Centenario e la nostra vera Milano Marittima. Una foto del Sindaco con in mano una vecchia foto di Cervia; una foto delle saline, una foto di un famoso albergatore che non é né Tiozzi, né Collina, né Benzi, né Sovera, né Allegri; due foto di ragazzotti e ragazzotte poco vestiti in due noti bagni, una foto dei militari della capitaneria di porto sulle moto, una foto coi quattro deretani delle cubiste di una nota discoteca, una foto coi camerieri del Caminetto con un vassoio di Catalana.

Tolto il Caminetto, istituzione pluridecennale, tutto il resto cosa c’entrava con il Centenario? (era un’altra clausola del bando). Fino a non molto tempo fa, era tutto diverso! La foto, trasformata in cartolina, col conte Ginanni Ferniani in motoscafo attorniato dagli amici a bagno é stata per decenni una delle cartoline più vendute dai nostri tabaccai.

Aprendo il bel libro fotografico “La dolce vita di Milano Marittima” di Laghi-Santarelli, varie persone che rientrano nel DNA della Milano Marittima storica si riconoscono o si sono esse stesse riconosciute. È appena morto il bagnino Ernesto Giunchi detto “Rancio”, vero personaggio dalla spiaggia alle traverse, come lo fu “Bucàza” Dante Benvenuti che partecipò al film “La ragazza con la valigia“.

Insomma, dal conte al bagnino nelle cartoline, nei film, nei libri su Milano Marittima ci trovavi come immagine la gente della città, cioè noi, attualmente é il contrario e la cosa può far girare molto le palle, non quelle dello stemma della casata del Conte.

Il Conte che non conta

Ricchi premi e cotillons

Dicesi “cotillon” ballo figurato con giochi e sorprese. Nel balletto che ormai coinvolge Milano Marittima da qualche anno, a tener banco nelle rappresentazioni sono sempre gli stessi nomi, quindi niente sorprese. E’ notizia di alcuni mesi fa (Corriere 30.12.2013) che sono nati e hanno subito riscosso grande interesse realtà web simili alla nostra riguardanti Gatteo, Savignano e San Mauro. Solo nella prima settimana ciascuno ha avuto un migliaio di contatti, roba da far tremare l’indiscusso trono della signorina Matteini, lodevolissima creatrice del sito sulla Rimini che non c’è più coi suoi subitanei settemila iscritti (con la partnership della “Voce”). Idem dicasi per il gruppo Facebook “La bella Marina” sulla vecchia Marina di Ravenna con di più di 1.260 membri, il che è un bel successo se si conta che il paese è di tremila anime! E noi? da noi la collaborazione dei “locali” è alquanto latitante e come al solito, la parte del leone, la fa gente che col nostro paese centra poco o nulla e riceve anche “premi” o se li autoconferisce, complice una certa stampa che pare aver dichiarato guerra ai residenti storici, snobbati ampiamente anche nell’occasione del Centenario di Milano Marittima allorché avrebbe avuto pieno diritto ad avere voce sul passato e sul presente di questa città. Magari anche sul futuro? Specie riguardo proprio questo, non sarebbe male se chi di dovere si decidesse ad onorare chi davvero ha fatto parte del DNA di Milano Marittima con l’intitolazione di qualche strada o piazzetta o iniziativa di richiamo. I nomi ed i cognomi di questi personaggi e di queste personalità li conosciamo bene, eppure a malapena vengono citati in qualche libro, ma più che altro en-passant. Immagino una via Rudy Neumann o una pizzetta Sovera; un premio Mino Benzi o Silvano Collina; una mostra permanente Onestini. Perlomeno, c’è già una piazzetta dedicata a Simone Bianchetti. Invece apprendiamo che esistono “Cittadini onorari di Milano Marittima” come la mai vista e conosciuta (e forse sconosciuta anche al vero gotha araldico) Contessa Bonazzi (Voce 09.09.2013) e adesso nuovissimi “soci onorati” della Pro Loco e Milano Marittima Life, in numero di tre, mentre dal 2008 unico e solo a fregiarsi di detto titolo era Arrigo Sacchi (Corriere 09.01.2014), del resto da anni ormai già abbondantemente premiato e medagliato. Verrebbe da fare la battuta, ispirandosi ai siti predetti, Sei di Milano Marittima se… se non sei di Milano Marittima!

Il Conte che non conta

Made in Italy (Prima parte)

Ebenezer Howard

Non è vero che l’ideale di città-giardino sia originale dell’inglese Howard, come non è vero che ci sia una diretta filiazione fra la sua visione e quella che portò Giuseppe Palanti a progettare Milano Marittima nel 1911-12. Nel bel catalogo (pp. 36-37) della mostra su Palanti tenutasi ai Magazzini del Sale, l’acuto Ennio Nonni, di Milano Marittima scrive “E’ una città di nuova fondazione che in MODO FORSE UN PO’ TROPPO SEMPLICE si fa risalire alle teorie dell’inglese Ebenezer Howard”. La differenza fra Palanti e Howard non è tanto formale, quindi, quanto SOSTANZIALE. Nonni scrive “Alla città giardino di Howard si può associare solamente l’idea di un insediamento abitato dove il verde è predominante” continua “La città giardino di Howard è un compatto insediamento urbanistico integrato CON TUTTE LE FUNZIONI PER UNA VITA URBANA. Da questo punto di vista Milano Marittima è l’esatto CONTRARIO”. Più chiari di così non si può! A rispondere più pienamente all’idea di città di Howard, se ci pensiamo bene, non è la Milano Marittima progettata e parzialmente realizzata da Palanti fino agli anni 30/40, è invece la Milano Marittima successiva (successiva anche alla morte di Palanti) quella del boom, dal Dopoguerra fino agli anni 80, quando fra le traverse, la rotonda Primo Maggio e la zona verso la rotonda Don Minzoni erano aperte tutto l’anno una serie di attività e negozi dei più svariati generi, rispondenti appunto a esigenze “tutte” d’una cittadina viva 12 mesi, non solo l’Estate. Adesso togli i negozi di vestiti ed i bar, non resta nulla. Poi ci si lamenta che d’Inverno Milano Marittima è un mortorio! Anche l’idea di Howard è tutt’altro che originale, infatti gli ideali howardiani sono rintracciabili nella più pura cultura italiana. E’ col nostro Rinascimento che torna in auge una concezione del giardino che si rifà a ideali classici come i giardini ordinati simmetricamente teorizzati dall’Alberti per Cosimo de Medici. Le ferree regole geometriche dell’Alberti sui giardini, boschetti e viali sono esattamente le linee guida che chiunque può ritrovare guardando la lottizzazione della Milano Marittima di Palanti 400 anni dopo. Nella seconda metà dell’800 Firenze e la Toscana, culla di tutta questa concezione, furono e sono tutt’oggi meta d’un forte turismo inglese, e fu per questo che Howard trovò ispirazione per la sua idea di garden-city. Lo stesso Nonni scrive per altri motivi “La vera innovazione di Palanti non sta nel disegno”. Esatto! Andate a rileggervi l’Alberti. Continua…

Il conte Ottavio Ausiello-Mazzi