Scritto da Nino Giunchi
Non fu la peste e neppure il terremoto. I Savoia riuscirono dove ne Papi, Re o Dogi erano riusciti. Questi avevano già incamerato, nel 1862, le 47 saline della C.A. Potevano i Savoia condividere le saline cervesi con la nobiltà papale che era ancora proprietaria della quasi totalità di queste?
In uno stato di Diritto non si potevano espropriare Saline e Miniere come dice De Gasparis nel suo libro del 1900 IL SALE E LE SALINE. Ed ecco saltare fuori un “però” con due leggi. D.M. n° 752 del 17 febbraio 1907 e D.M. n° 2037 del 2 luglio 1908. I Savoia mettono in atto, come maggiori proprietari, la più grossa trasformazione mai avvenuta nelle saline cervesi: canali pensili, aumento dei Morari, nastri trasportatori per la reposizione del sale nei magazzini, nuova presa a mare con due pompe di sollevamento dell’acqua (Questa contestata dall’Ing. Capo del Comune con un suo progetto molto meno dispendioso).
La cifra di questa trasformazione è enorme e va divisa fra tutti i proprietari. Le ultime saline di proprietà furono vendute il 19 febbraio 1910. Se ne andò tutta la nobiltà, i notai, i diversi fattori, i direttori e i contabili della salina ma anche molti facchini rimasero poi senza lavoro. Anche il proprietario di tutte le burchielle fu costretto a venderle e perse la ragione, perché gli pagarono una cifra irrisoria di tutto il capitale che aveva investito. Quella volta rimanemmo anche senza Vescovo…
L’ATTO DI VENDITA DELLE SALINE