Il blog di Cervia e Milano Marittima

Ferruccio Merk-Ricordi, in arte Teddy Reno, marito di Rita Pavone ha una storia che lo lega alla nostra Milano Marittima. Nella nostra città si rifugiò per nascondersi dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale.

TEDDY RENO: NOME D’ARTE, ETA’ E VITA PRIVATA

Ferruccio Merk-Ricordi, in arte Teddy Reno, nasce a Trieste nel 1926 da Giorgio Merk e Paola Sanguinetti, romana, di ascendenza ebraica. Il fascismo decise, ancora prima di varare le leggi razziste del 1938, di italianizzare il cognome dei cittadini che portavano cognomi di origine non italiana.

La famiglia Merk proveniva da un’antica stirpe dell’impero austroungarico e così Merk Von Merkenstein fu mutato in Ricordi. Come lo stesso Ferruccio ricorda, insieme ai suoi genitori veniva spesso in vacanza a Milano Marittima nell’albergo Mare Pineta del commendator Sovera con il quale iniziò una stretta amicizia.

Brillante e poliedrico artista, ha dedicato la sua vita alla musica e al cinema.

Tante sono state le partecipazioni al Festival di Sanremo e a film italiani di spessore quale Totò, Peppino e la Malafemmina.

Nel 1968 sposa una giovanissima Rita Pavone a Lugano: i due diedero scandalo. Teddy Reno, infatti, era separato dalla prima moglie, la produttrice cinematografica Vania Protti (poi Vania Protti Traxler) e ottenne il divorzio solo nel 1971, anno in cui entrò in vigore la legge sul divorzio in Italia. Con Vania ebbe anche un figlio, Alessandro Merk-Ricordi.

teddy reno in arte riccardo merk ricordi
Teddy Reno e Rita Pavone

LA FUGA DA TRIESTE A MILANO MARITTIMA

Nel 1943, con l’inasprirsi della guerra, la famiglia Ricordi-Sanguinetti decise di far perdere le proprie tracce e andarsene da Trieste per raggiungere Cesena, città nella quale iniziarono una nuova vita lavorativa e Ferruccio si iscrisse all’ultimo anno del Liceo Classico Monti.

Quando però, nel giugno 1944, i repubblichini friulani andarono a cercarli nella loro casa di Trieste, i Ricordi-Sanguinetti decisero che era ora di spostarsi da Cesena a andare nella vicina Milano Marittima, luogo che già conoscevano e nel quale avrebbero trovato più facilmente aiuto.

Andarono per primi Giorgio e Paola e il commendator Sovera dovette metterli in guardia comunicandogli che l’albergo Mare Pineta era stato requisito dalle truppe tedesche che ne avevano fatto un quartier generale per ufficiali di alto grado.

IL RUOLO DEL COMMENDATOR SOVERA

Sovera viveva a stretto contatto con loro, faceva buon viso a cattivo gioco e appena poteva passava ai partigiani tutte le informazioni che riusciva a carpire. Non si fece intimidire dalla situazione paradossale e invitò la famiglia Ricordi-Sanguinetti ad alloggiare nel suo albergo per nasconderli dai tedeschi, in mezzo ai tedeschi.

«Vi presenterò come miei grandi amici» disse, e fu così che andarono a vivere sotto falsa identità in una stanza affianco a quella di Sovera.

Teddy Reno rifugiato a Milano Marittima
L’Albergo Mare Pineta negli anni ’40

Un giorno Ferruccio decise di raggiungere i suoi genitori ma mentre si stava preparando, suonò l’allarme. Sarebbe dovuto scappare nel rifugio antiaereo, come aveva fatto altre volte, ma quel giorno era deciso a partire. Ferruccio salì sulla bicicletta in direzione Milano Marittima ma subito dopo Macerone gli americani iniziarono a bombardare e fu costretto a gettarsi dentro un fosso.

Passati gli aerei si rimise in marcia riuscendo a raggiungere Milano Marittima.

In seguito venne a sapere di essere sfuggito alla morte per miracolo: gli americani avevano bombardato la sua casa e il rifugio, distruggendoli. 

La famiglia Ricordi-Sanguinetti rimase nell’hotel Mare Pineta fino al giorno in cui il commendator Sovera organizzò la fuga di tre generali inglesi fuggiti da un campo di concentramento italiano dopo l’8 settembre 1943 e che lui aveva tenuto nascosto nella soffitta dell’albergo per tutto quel tempo.

IL RICONOSCIMENTO A TEDDY RENO DA PARTE DEL COMUNE DI CERVIA

Era il 2005 quando Teddy Reno, all’età di 79 anni, ricevette un riconoscimento da parte del Sindaco Roberto Zoffoli per sigillare il legame con la città nella quale si rifugiò all’età di 18 anni per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi.

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